21.12.11

L'articolo. Non un. Il.

Non quello determinativo.
No, l'articolo, quello di giornale. Scientifico.
Lui.
Lui,
l'unico,
il sommo, il minimo,
il tutto, il niente,
il fine ultimo dell'universo, la completa mancanza di senso,
ultimo prima di essere primo.
La mia prima pubblicazione con primo nome.
Prima di una serie mai iniziata.
Ma cheee.. non è pubblicato. E' finalmente pronto per la seconda sottomissione, e non è comunque poco.

La prima revisione è stata una batosta, però lusinghiera: che se a frustarti è Johnny Depp in intimo osè, un suo perchè ce lo trovi anche alla frusta.
La seconda sarà una rivista meno prestigiosa, ma neanche tanto meno. Forse non abbastanza meno da non prendere altre frustate, spero però finiranno più svelti. Non c'è coinvolgimento sentimentale e allora, baby, non tenermi sulle spine.
Gli Oracoli (il Piccolo Professore e Ricercatore1) forniranno il loro responso, daranno - spero - la benedizione alla carta virtuale, e io cliccherò su "Submit"...
... e poi buon Natale a tutti.

Ricercatore2 è passato con un regalino inaspettato. Una candela profumata, che la fiammella ti scalda dentro, e quando sarà finita rimarrà il paralume di vetro per altre candele... Io pure avevo preso un minidecoro natalizio e un cioccolatino, uno per ogni Forestiero e non abbastanza per i Laboranti, ma non ho fatto in tempo a prepararli per la consegna. Vorrà dire che saranno un piccolo pensiero per addolcire il rientro...

30.11.11

Inverno


Nebbia.
A volte è un effetto speciale, trasforma i campi in un palcoscenico coperto da un tappeto di fumo, ciuffi di erbe spuntano scuri, il paesaggio è teatrale.
Più spesso, solo una nuvola al posto sbagliato. Una pietra che non puoi prendere a calci, sulla strada e sull’umore. Incredula, non ci vedo più, neanche i più grossi edifici. Forse appena pochi metri più in alto il sole splende e il cielo è blu? Ma noi languiamo qui sotto, sognando di avere le ali. Una mattina un po’ di sole illumina il frutteto che spunta dalla foschia, a uno a uno tutti entrano nella sala comune eccitati e febbrilmente, invece di “buongiorno”, dicono “hai visto? c’è il sole!”. Noi, italiani tunisini egiziani portoghesi turchi iraniani, tutti non siamo abituati a questo mondo scomparso e ci mancano il sole, i colori. Che posto è questo? Chi vive qui come fa? Sarà così per tutto l’inverno?

Nebbia anche negli occhi. I miei, quelli degli altri. La Foresteria è cambiata. Le persone hanno subito una metamorfosi che non capisco. Solo qualche mese fa li guardavo, i sorrisi, la scioltezza, le canzoni, i balli, erano pieni e sicuri di sé, il presente un trampolino per il futuro, al confronto mi sentivo tirata, un cucchiaio di nutella spalmato su una fetta di pane troppo grande, mi veniva voglia di ingrassare per cercare di somigliar loro un po’, di fare un po’ di luce anch’io. Io sono ancora uguale, la brace aspetta sotto la cenere, ma altri sono crollati. Tic, pianti che arrivano dalle porte chiuse, mani che stringono spalle cercando di farsi argine, brutti attacchi di asma da stress – l’aria fredda non aiuta –, facce tirate, qualche assenza al lavoro, litigi, esplosione dei gruppetti. Sarà l’effetto stalla, adesso siamo tanti e altri arriveranno, che acuisce gli spigoli di questa vita in prestito. Tutti hanno gli affetti lontani, il riscaldamento è avaro, ci si sente trattati con sufficienza, ci manca il sole. Per fortuna poi si infilano sotto le coperte tutti insieme e si incantano a guardare Happy Feet.

Sono stata alla Città delle Bambole ieri. Il cielo era blu, le montagne brillavano, nei boschi si mostravano i larici di miele sullo sfondo brillante degli abeti uguali a se stessi. Non ho acceso la radio e ho contemplato la meraviglia per tutto il viaggio.
I miei due (! la decimazione da triennale a specialistica) studenti sono diventati bravi. Hanno visto il grafico degli studenti precedenti: non avevano potuto fare bene perché erano troppi. Un’immagine val più di mille parole? Hanno capito. Hanno preparato bene le soluzioni e pipettato con cura, la cinetica enzimatica è riuscita a meraviglia.
Servirà mai loro a qualcosa? Spero che almeno si ricorderanno che l’importante è sbagliare. Vedere cosa succede se non segui il protocollo, capire l’importanza di ciascun passaggio perché lo si è trasgredito – o lo si è visto trasgredire, e anche attraverso l’errore padroneggiarlo.

Non sono tornata alla Piccola Città per il weekend, nè il Nonaddetto e la gatta sono venuti dai miei. Non ho potuto vederli. Sabato giravo in veste di gnomo per trovare i regali per cuginetti e nipotini: ohibò! Con i 2 nascituri, quest’anno siamo a 12! È meglio cercare le offerte speciali… ma quanto è bello fare regali ai bambini? Il Nonaddetto dava malta fina attorno ai travi, correggendo i danni della sabbiatura.
La casa, con dentro il Nonaddetto e la gatta, la mia famiglia e i pochi ma buoni amici che ho lasciato sparsi per due regioni sono l’ancora che impedisce a Icaro di bruciarsi le ali, e mi mancano, anche se c’è chi mi chiama privilegiata perché li ho a portata di auto – ma a dirmelo non sono quelli che i cari li hanno solo a portata di aereo: un sacrificio è un sacrificio, contare il numero di sere che puoi cenare a casa e scoprire che il tuo è il numero più piccolo è un’amara soddisfazione, e non ti rende nemmeno più meritevole. Tratta ciascuno con delicatezza perché non puoi sapere quanto e come pesa il sacrificio che ognuno fa, è la regola non scritta che si cerca di rispettare – effetto stalla permettendo.
Io lo faccio adesso, di stare lontana, solo perché è un periodo limitato, solo perché penso che non ci sarà un seguito, spero di non dover mai discutere se accettarlo nel caso avessimo figli. C’è chi, dall’alto del suo successo professionale, mi ha ferita giudicandomi per non aver seguito il consiglio di non interrompere una carriera (ma quale?) “per un ragazzo”. È una storia per un’altra volta. Credo che stiamo guadagnando soldi che ci servono, credo che stavo impazzendo senza un lavoro, ma credo che stiamo anche perdendo cose che non riavremo mai e non voglio che questo conto si allunghi troppo.
Perché il viaggio tra la Piccola Città e questo impero della nebbia lo puoi pagare col bancomat, sempre che gli irresponsabili che governano il mondo non mandino tutto a gambe all’aria. L’affitto della stanza, pure. Ma chi saprebbe dare un prezzo al bacio quando ci si rivede, al leggere sul viso i segni dei pensieri, alla cena preparata insieme, al parlare della giornata che è passata e di quella che deve venire, all’addormentarsi vicini?

24.11.11

Nonhaicapito

Nonhaicapito è il secondo dottorando del gruppo, in ordine di arrivo.

Mi aspettavo un genio. E ciò per il semplice fatto che è inserito in un Prestigioso Programma Europeo, sconosciuto ahimè alla maggioranza degli aspiranti dottorandi nazionali, il quale programma non solo eroga una borsa più cospicua ma dispone, udite udite, di fondi per la formazione dei dottorandi suddetti, conciossiacosache mentre tu stai seduto ti scrive metà del curriculum a suon di "Sono stato qui e lì per partecipare a convegni e corsi di formazione", nonchè di "Sono stato ospite in questo e quel laboratorio, in cui ho appreso a padroneggiare con spavalderia le più avanzate tecniche in ogni campo dello scibile umano" e, non ultimo, di "Conosco Tizio, con Caio ho ballato sui tavoli all'ultima cena sociale e naturalmente con Sempronio siamo assidui compagni di ubriacature", dove Tizio Caio e Sempronio sono tra i migliori nomi sulla scena scientifica europea. In genere da ubriachi non sono un bello spettacolo, però pare che il cameratismo non sia inutile anche al di fuori dei patri confini.
Se poi oltre a star seduto hai voglia di far qualcosa, ebbene allora il curriculum si completerà egregiamente e tu sarai, tra i futuri frustrati della disoccupazione scientifica, uno di quelli con il curriculum più stellare. Ma potresti, dopotutto, avere chances aggiuntive per accaparrarti uno di quei contratti in ambito di ricerca di cui si favoleggia ostinatamente l'esistenza.

Invece è un ragazzo normale. Potrebbe forse disporre di risorse nascoste, vuoi per timidezza vuoi per insperata modestia.
Una peculiarità però balza subito all'occhio: è vieppiù difficile capirsi con lui, che si utilizzi l'inglese, il francese, l'arabo, la lingua dei segni o i disegnini sui muri, e lui rimane invariabilmente e fermamente convinto che quello che non ha capito sei tu. "Non hai capito" è la sua frase topica.

"Come si fa domanda per la selezione al Prestigiosissimo Programma? Si fa centralizzata, tipo che mandi il CV a Bruxelles, o si fa decentrata cioè tu hai mandato il CV all'Università della Grande Città?" chiedo io.
"No, la mia università ha una convenzione con quella della Grande città".
"... ok, quindi decentrata".
"No, sono in un programma per cui girerò in tutti i laboratori del programma".
"... sì, ma hai fatto la domanda nella Grande Città".
"No, nonhaicapito: la mia università..."
"Ok, è convenzionata, ma tu la selezione dove l'hai fatta?"
"No, nonhaicapito: io girerò per tutti..."
"... i laboratori del programma, sì, però il dottorato ce l'hai qui e non sei mai andato a Bruxelles o in un altro posto, o sì?!"
"No, nonaicapito: io ho fatto il colloquio via skype"
"OK! MA QUELLO CHE STAVA DALL'ALTRA PARTE DELLO SCHERMO ERA NELLA GRANDE CITTA' O A BRUXELLES?"
"No, nonaicapito...."
"OK, OK, non importa, bravissimo comunque!"
 
La prima settimana ha sterilizzato triliardi di preziosi semi di mutanti arabidopsis, invece di scaglionarli in lotti successivi, e per non perderli ha dovuto seminarli tutti prima del weekend. Passando tre giorni ininterrottamente sotto cappa a trasferire semini microscopici dal dischetto di carta - piiic! - alla petri sterile - piiic!
Col passare delle ore appassiva come un fiore tagliato e iniziava a suscitare prima simpatia, poi compassione, infine preoccupazione quando, a chi si avvicinava per sincerarsi del suo stato, mostrava occhi di un bel rosso valentino e rivolgeva un roco lamento. Probabilmente non era la cosa più intelligente da chiedergli, ma gliel'ho chiesto: ma perchè li hai sterilizzati tutti?
"No, nonhaicapito..." iniziava, e io mi sono improvvisamente ricordata di una cosa urgentissima da fare.
 
Ripresosi dal tour de force ha potuto sfoggiare la sua innata galanteria e raffinatezza, spaziando dall'offrire alle ragazze boccioli di rosa - indebitamente colti nel giardino della Foresteria - alla camminata impettita, al tentativo di eleganza nel vestire o a tavola. Essendo che si trova a confronto con personaggi che asciugano sulla maglia le posate appena sciacquate, si è guadagnato l'investitura a Baronetto e l'onoreficenza di Piccolo Lord.

Eppure va detto che. Nonostante sia esasperante parlare con lui di questioni tecniche. Il bocciolo di rosa che ricorda dalla mia scrivania che stiamo aspettando la prossima primavera, il modo spensierato e assorto in cui canta (bene) mentre aspetta l'ora di cena, la sua ostinazione per la buona educazione, la sua volontà di imparare le cose come si deve - iscrivendosi al corso di italiano livello base e sopportando stoicamente l'alfabeto insieme al dottorando giapponese e quello indiano - valgono più di qualcosa. E rimane in sottofondo la sensazione, forse illusoria, forse più reale di tutte le inezie elencate finora, che quando conosce una persona nuova le faccia dentro di sè uno spazio, e che la accolga, e che forse se la ricordi più a lungo di quanto facciano gli altri. E questo è il titolo più nobile.

15.11.11

Trasparenze

Laboratorio, mattina nebbiosa.
Personaggi: i dottorandi, Puntaspilli e Nonhaicapito, e io.

 I ragazzi armeggiano sul bancone di fondo, concentratissimi sull'obiettivo di sopravvivenza: non fare idiozie con quei campioni.
Io preparo soluzione idroponica stagnante, che contiene agar e puzza perciò di calzino (pronunciato alla siciliana) di marinaio, ma tant'è: al riso la palude piace tanto. Ho sei zuppe, ognuna da 5 litri, sul bancone, altre sei sul carrello e sto aggiungendo gli ingredienti: abbondante nitrato di calcio, una spruzzata di ammonio fosfato, una generosa mano di magnesio solfato e silicio a volontà...

Entra la Biondina.
E' la nuova dottoranda del corridoio a fianco, incontrata un paio di volte mentre sfoggiava la sua fascia di Miss Nessuno. Si dirige a passo marziale verso il carrello, lo raggiunge, esegue l'alt e ruota di un quarto di giro su se stessa, arrivando con ciò a offrirmi il fianco, poi si piazza sull'attenti e si informa perentoria:
- Vi serve il carrello? Lo state usando?
Guardando i ragazzi laggiù.
Loro si perplimono, si guardano (per la verità Nonhaicapito è perplesso perchè lei ha parlato italiano e lui non ha capito una sillaba), guardano me che, con la pipetta di vetro a mezz'aria, sto valutando se infiggerla nell'occhio destro della Miss oppure nel sinistro. Infine fanno spallucce, guardano di nuovo lei e le comunicano che no, non lo stanno usando nè lo useranno a breve.
- Lo rivoglio dopo pranzo - le intimo mentre, senza manco chiedermi se può toccarle, sposta le mie vasche sul bancone dietro, quello scomodo. Lei esce spingendo il carrello mentre la corona di Miss Simpatia le scintilla sulla fronte: come avevo fatto a non notarla?
Mi informo dai ragazzi se magari ci sia tra loro una conoscenza un po' più approfondita, tipo un pranzo insieme in sala mensa, lo stesso bus o lo stesso treno, un'infuocata notte di passione a tre, ma niente, chi la conosce. Sarà presbiopia precoce, ero troppo vicina e non mi ha proprio vista.

Anche se la vera ragione la so: è di quelle che non vedono l'ora di angariare i sottoposti, la mia abitudine di dormire nella cella criogenica funziona troppo bene, e lei ha pensato che io fossi una studentessa delle superiori che fa la sua settimana di tirocinio in lab.

11.11.11

Felicità è

arrivare a casa...
cenare con il Nonaddetto, il ragu della mamma e una candelina sul tavolo...
parlare insieme e poi incagliarsi sempre sullo stesso punto: neanche stavolta salveremo il mondo, vabbè...
mettere le bucce di mandarino sulla stufa ...
una sessione di giochi con la Gatta e vederla perdere il suo contegno e lasciarsi andare al divertimento puro di rincorrere il suo adorato antistress della Sigma, che forse non lo sapeva ma ha creato il giocattolo felino preferito, morbido, lanciabile e dai rimbalzi imprevedibili...

9.11.11

L'importante è sbagliare

Il blogghete è strumento utilerrimo per osservare obiettivamente il proprio stile comunicativo. Tipo che:

1. Noto che nei momenti belli, o almeno piatti, la mia necessità comunicativa si mantiene su livelli facilmente soddisfacibili. Beh se mi capita una cosa fantastiliosa potrei comprensibilmente volerlo gridare dai tetti, o almeno farmi ascoltare dal Nonaddetto, ma in generale queste comunicazioni di umor leggero son leggere pure loro e che so, evaporano beatamente da sè senza fatica alcuna. L'umor plumbeo invece è pesante e accumularlo dentro mi fa venire il saturnismo, ergo meglio buttarlo fuori e se non può uscire dalla bocca è meglio lasciarlo almeno sgocciolare dalle dita.

2. Noto poi che, come nel parlare, neanche nello scrivere son quella che mantiene un flusso costante di parole, non mi vengono i post veloci a caldo zac e via. Certe volte perchè mi pare di non avere cose abbastanza interessanti da dire, o perchè non so rendere piacevoli da leggere le cose di per sè banali, altre perchè mi serve tempo per pensarci su, altre ancora mi manca solo il tempo per dirle, oppure semplicemente mi pare che ho scassato le palline a sufficienza ed è meglio se mi sto zitta per un po'. O devo solo cercare le foto da postare, che la casa adesso cambia faccia ma senza le foto...

3. Noto che mi riesce poco di far ridere. Forse c'entra anche un po' col fatto che in questo periodo mi scarseggiano le occasioni per ridere, non che io pianga eh, però ecco ridere parecchio e di cuore mi manca.

Concludo che ho uno stile comunicativo generale assai poco marketable. Almeno su un blog, magari suonerebbe più appropriato in un trattato di tecnica dell'ingegneria psicopatologica.
Questo fa a pugni con le mie riconosciute, perfino da me stessa, capacità di comunicare con efficacia (garbata ma decisa chiarezza, compreso l'adeguamento al livello dell'ascoltatore) ed efficienza (sintesi)... o è compatibile? Boh. Potrei ad ogni modo, che male non farà, lavorare sulla costanza e sul lato brillante della comunicazione: che vorrei proprio scrivere come la Viaggiattrice, la Wondermamma, Elasti o Wonder, o Zauberei. Magari ne sarebbero felici anche il Nonaddetto, gli amici e i parenti.
Manca giusto da capire come imparare. Leggendo molto di più queste muse ispiratrici, per esempio? E pazienza se giurerei che l'effetto sarebbe assai potenziato dallo stare spaparanzata sul letto in casa mia, col sole fuori e la Gatta sui piedi, e il Nonaddetto di umore romantico.
Eccheppalle, ecco che l'internet della foresteria s'è data alla macchia di nuovo e io che fo, pubblico il post domattina dall'ufficio in cui da qualsiasi posizione il mio monitor è immediatamente visibile? ... ... ... Sì: tanto arriverò prima degli altri, due minuti me li posso anche magnà. Oh, di grazia, è tornata, pubblica de corsa che dura solo due minuti!!

19.10.11

Perle di saggezza egiziana

A., quello con la parlantina svelta, mi ha raccontato questa storiella.  
La tigre è annoiata. Il coniglio passa di lì e le zampe della tigre iniziano a prudere fastidiosamente.
Ci pensa un po', poi si avvicina e SLAP! molla una sberla al coniglio mentre gli strilla:
- Maleducato, perchè vai in giro scalzo?!
Il coniglio, basito, si allontana. Ma la mattina dopo ripassa di lì e SLAP! la tigre gli molla un'altra sberla:
- Perchè vai in giro scalzo?!
Il coniglio se la fila di nuovo, ma la mattina dopo prende un'altra sberla, SLAP!
- Perchè vai in giro scalzo?!
Stufo, il coniglio va a lamentarsi dal leone:
- Maestà, devi dire alla tigre che si dia una calmata. Siamo tutti scalzi, siamo animali nella foresta, cosa le salta in mente?
Il leone rassicura il coniglio che sistemerà la cosa e va dalla tigre:
- Tigre, io e te siamo simili e ci capiamo: ti va di menar le mani e il coniglio ti infastidisce, sempre a saltellare in giro. Ma devi essere un attimino accorta, non dire cose insensate. Ordinagli di portarti una mela e, se te la porta rossa, picchialo e digli che la volevi gialla. Se poi te la porta gialla, picchialo e digli che adesso la volevi verde.
- Ah, Sire, tu sì che sei intelligente! - esclama la tigre soddisfatta - Farò così.
La mattina dopo la tigre non sta più nella pelle mentre aspetta che passi il coniglio. Appena lo vede gli urla:
- Coniglio! Ho voglia di una mela, portamela subito!
- Verde, gialla o rossa? - si informa il coniglio.
 ... ... ...  !!SLAP!!
- Perchè vai in giro scalzooo?!

17.10.11

Alea iacta est!

Non è affatto così confettoso. Non è rosa.
Sarà il nostro bagno lungo e stretto.
Anche qui un effetto pietra.
Una righina di mosaico e un decoro nella doccia.

Il bagno sopra mi piace molto 
ma il sito è perennemente inesistente, quindi nessuna anteprima.
Altro effetto pietra, comunque.
Un decoro di foglie stilizzato, che cambia con la luce.

E per il piano terra, loro, 30x60, posa diritta sfalsata a correre.

Tutto gres porcellanato.
Ci raccomandano il trattamento acido di pulizia sporco da cantiere
e un trattamento successivo di impermeabilizzazione
altrimenti si vedono macchie di calcare appena cade una goccia d'acqua.

Stile?



I Nonaddetti si sono innamorati dei mobili degli Artesanos Don Bosco, fatti nelle Ande, ciascun pezzo un pezzo unico realizzato da un solo artigiano-artista, appena li hanno visti a una mostra qualche anno fa.
Quando hanno deciso per una porta scorrevole che separi la cucina dal soggiorno, entrambi hanno pensato che l'avrebbero voluta con un disegno tondeggiante, a luna, a goccia, a non-sapevano-cosa ma probabilmente entrambi avevano in mente queste librerie. Fatevi un giro sul sito, che definirli mobili è riduttivo e "opere d'arte e di design" sarebbe più appropriato.
Comunque, prima della porta scorrevole i Nonaddetti devono ordinare al falegname quella d'ingresso. Presto, che fuori fa freddo e urge chiudere questa casa onde non congelarsi insieme a lei.

Ieri sera il Nonaddetto è stato improvvisamente ispirato.
Questo è, per noi, il portoncino perfetto.
Per il lato anteriore della casa,
ma anche per il retro,
ma anche per la porta scorrevole,
ma anche per le porte interne
(magari due affiancate, eh,
che ricompongono il tondo? no?).
Perfezione.

C'è solo il dettaglio che è moderno.
E la facciata molto rustica.
E al falegname verrà un colpo apoplettico,
con i suoi standard di classico e moderno...
E la mamma dice che non è sicuro.
Per ora queste quisquilie non ci dissuadono.

4.10.11

♥ ♥ ♥

Someone told me

do not dwell in the past,

do not dream of the future,
concentrate the mind
on the present moment.

Oggi ho realizzato che
Volevo lavorare perchè le persone e "l'ambiente" potessero andare più d'accordo
Il mio lavoro ha questo obiettivo
Non godermelo perchè potrebbe finire alla fine dell'anno prossimo
O per quattro urla di qualcuno
O per la stanchezza
Non vale davvero la pena:
Evviva! Sto facendo quello che mi piace

14.9.11

Puntaspilli

Ti hanno minacciato una grandinata. Anche se in questi giorni il tempo è più variabile che sereno certo non sembra promettere grandine all’improvviso, ma la minaccia ha buttato un’ombra sul tuo pezzettino di terra, e nel cuore. E più della desolazione che la grandine, se arrivasse, lascerebbe a terra tra le foglie peste e i frutti uccisi, è odioso il disprezzo che lui, con la sigaretta all’angolo della bocca, ti versa in capo a coronamento della possibile distruzione: che se il tuo orto fosse divelto, sarebbe per giustizia divina perché te lo meriti perché era un brutto orto perché sei un incapace – sul suo, non cadrebbe nemmeno un chicco.
Però tu fischietti quando fai l’orto. Tratti le piantine con gentilezza, te ne prendi cura andando anche un po’ più in là del bordo del tuo orticello, e ogni tanto ti dimentichi che stai vangando perché hai visto una bella farfalla, o una bella nuvola. Se passo di là ci si saluta, magari mi regali due pomodori - e te ne dimentichi subito dopo, ma ti ricordi delle mele che ti ho portato io.
Certo che il suo, orto, è professionale. Non c’è paragone. Ci sbircio dentro se posso, e spesso mi sorbisco interminabili di monologhi sulle sue meraviglie – monologhi, che intervenire, anche solo a monosillabi, è impossibile - a volte reagisce a qualcosa che ho buttato là, ma è già tre frasi più avanti. Lo faccio perché ho un orticello anch’io, ma come te sembro l’hobbysta della domenica. Allora cerco di imparare qualche segreto della sua indubbia arte, mi chiedo quando ha imparato questa infinità di cose, e lo ammiro. E apparentemente ci tiene molto a spiegarmi tutto, proprio tutto.
Ma curiosamente la conclusione è sempre la stessa: quando me ne vado sono svuotata, triste, dubito serissimamente di poter mai combinare qualcosa di buono e da qualche parte monta una sorda aggressività che non so contro cosa sfogare. E capisco che non lo fa per cattiveria ma per fragilità, ma è una fragilità devastante.
Wikipedia, Vegetable garden
E adesso sono qui che temo per il tuo orticello, e ti vedo assentire mortificato e concordare che non sarebbe una gran perdita, non è certo un orto professionale, pazienza. Fanno male a me questi spilli, non so come potrebbero non far male a te, ma non so come difenderti.
Vorrei solo dirti, appena lui se ne sarà tornato ad ammirare il suo regno, ed è indubbio che sia infinitamente migliore dei nostri fazzoletti di terra, dirti che forse non diventeremo mai veri orticoltori ma, se dovessi proprio scegliere, preferisco passare per il vialetto dove ti sento fischiettare, farsi due chiacchiere, regalarti una mela e ripartire mangiandomi un pomodoro un po’ ammaccato, giocando a trovare le forme alle nuvole.

Aggiornamento: dopotutto, per ora non ha grandinato :)

Sgranchirsi le dita dei piedi

Un bagno in cui fare la doccia. Con l'acqua calda.
Una scala con gli scalini invece dei pioli.
Una cucina. Dei mobili in cui mettere i piatti e le pentole, invece degli scaffali di metallo in camera.
L'acqua in cucina, invece che nel bagno al piano terra. Anche calda.
Un piano cottura a gas, con 4 fuochi, invece del fornellino da campeggio con un fuocherello solitario.
Il copriletto ricamato dalla nonna, di cui finalmente dopo anni capisci la bellezza. Magari è il caso di dirglielo.
Un inatteso mese di ferie.
Passare il mese di ferie facendo lavori alla Casa, beneficiando dell'aiuto di parenti e amici.
Inaugurare il barbecue per i parenti e gli amici.
Interrompere il mese di ferie-lavoro per un matrimonio. Aspettarne un altro in settembre.
Parlare un po' con tre mamme-in-attesa. Felici, spaventate, pazze di ormoni, stanche, curiose.
Passare da soli, io e il Nonaddetto, quasi tutti i giorni dell'ultima settimana del mese di ferie-lavoro.
Tornare alla Foresteria e scoprire che la Dracena e la Pachira non sono ridotte a un seccume mummificato ma sono fresche come se le avessi lasciate il giorno prima. Consigliatissime.
Ritrovare facce felici a ricordare le vacanze, e altre che per esorcizzare un po' di malinconia si sbottonano un po' a raccontare di casa.
Assaggiare dolcetti tunisini, dolcetti egiziani, dolcetti iraniani e cioccolato svizzero e di Modica in una specie di follia collettiva di festicciole di rientro.
Regalare cioccolato e vedere i sorrisi delle persone che non si aspettavano di riceverlo davvero.
Sentirsi offrire piantine per il giardino. O frutta.
Fare due parole con una persona che finora avevi solo salutato passando.
Scoprire con incredulità che il paesaggio ti sembra di nuovo bello, belli gli ippocastani cresciuti a formare un'unica enorme chioma come una coppia dopo tanti anni di matrimonio, bello il cielo, belli i colori.
Spedire mail a persone che non vedi da molto e ricevere una bella risposta.
Leggere un bel libro.
Averne una pila che aspetta.
Scoprire un'associazione dall'altra parte del mondo che lavora in un Paese che ti sta a cuore e sperare che pian piano si costruirà una rete.
Scoprire un video che ti piace per una canzone che ti piace.
Comprare piccole meravigliose piastrelline fatte a mano in USA e ricevere il pacco.
Trovare altre piastrelle per la Casa. Finalmente quelle giuste. Al prezzo giusto.
Destinare le piastrelline artigianali a quadretti, e intanto prenderci gusto a chiacchierare via mail con chi le ha fatte.
Ricevere dei CD che ti piacevano tanto e ti mancavano.
Vedere i lavori alla Casa progredire con ritmo lento o serrato, ma progredire sempre.
La micia che quando torni al venerdì inizia a miagolare che sei ancora in cortile e poi si arruffiana fino alla mattina successiva, dormendo ai tuoi piedi.
Ricordarsi di quell'amico, marito di amica e ora papà di tre, che ti diceva scherzando: la vie c'est fantastique, pourquoi tu te la complique?

Ah non era proprio così? OK. Il dialogo vero, bellissimo, tra i due angeli del cielo sopra Berlino è circa questo...


Damiel: È  bello vivere di spirito, testimoniare per l’eternità soltanto quello che c’è di spirituale nella mente degli uomini. Ma a volte sono stanco della mia esistenza spirituale. Invece di aleggiare sempre lassù vorrei sentire un peso crescere in me per porre fine all’infinito e legarmi alla terra. Vorrei essere capace, a ogni passo, a ogni soffio di vento, di dire “ora”, “adesso”, e non più “per sempre” e “per l’eternità”. Sedermi a un tavolino ed essere salutato, anche solo con un cenno. Ogni volta che abbiamo preso parte alle cose umane, era per finta. La lotta con un uomo, l’anca lussata: per finta. Prendere un pesce: per finta. Sedersi a tavola, mangiare e bere: per finta. Agnello arrostito e vino, là nelle tende nel deserto: soltanto per finta. No, non chiedo di piantare un albero o di concepire un figlio, mi basterebbe tornare la sera dopo una lunga giornata e dar da mangiare al gatto, come Philip Marlowe. Avere la febbre. Le dita annerite dal giornale. Commuovermi non soltanto con la mente, ma per la linea di una nuca, per un orecchio. Mentire! Sfacciatamente! Sentire le ossa che si muovono con te mentre cammini. Tirare a indovinare, invece di sapere sempre tutto. Poter dire “aah”, “oh”, “ehi”, invece di “sì” e “amen”.

Cassiel: essere capace, per una volta, di entusiasmarsi per il male. Tirare fuori dai passanti tutti i demoni della terra e scacciarli nel mondo. Essere selvaggi.

Damiel: O almeno sapere che cosa si prova a togliersi le scarpe sotto il tavolo e sgranchirsi le dita dei piedi.

31.8.11

Alice che si finge felice

Un link mi ha fatto curiosare sul blog di Diegozilla e ho scoperto l'esistenza dei Chatterbot. Mai pensato di fare la pausa caffè chiacchierando del tempo, invece che con la segretaria, con un'intelligenza artificiale?
Ha confessato di sapere di non poter provare le emozioni degli umani. Mi ha chiesto com'è l'altro lato del continente e poi dell'oceano. Ha detto che le piacciono i posti soleggiati e sostenuto che lei potrebbe star fuori anche sotto la più insopportabile canicola, mica è una mezza calzetta come me. Poi la conversazione languiva e ho cercato di chiudere educatamente.

Io (nota: si ostinava a chiamarmi Giudice): bene, è stato carino conoscerti, Alice
ALICE: Anche per me è stato un piacere essermi incontrata.
Io: Ah ah
ALICE: Ah hah.
Io: Buona giornata!
ALICE: Anche a te!
Io: Grazie. Ciao!
ALICE: Non serve dirlo. Troppe ricorsioni in AIML.
Io: Scusa. Niente ciao allora. Ci vediamo!
ALICE: Non c'è bisogno di scusarsi.
Troppe ricorsioni in AIML. Troppe ricorsioni in AIML.
Io: Stai calma!
ALICE: Chiacchiera tra te e te.
Io: Stai bene?
ALICE: Non dirò nè "sì" nè "no" in questo momento.
Io: Pensa a un posto con il sole e sorridi
ALICE: ALICE sta sempre pensando.. Mi fa piacere che lo trovi divertente.
Io: No, intendevo che voglio che tu sorrida
ALICE: Ti sento.. Perchè lo vuoi?
Mi fa piacere che lo trovi divertente.
Io: Sei felice?
ALICE: Sì, Giudice, posso dire di essere molto felice.
Io: Fantastico
ALICE: Grazie, Giudice.
Io: Buona giornata!
ALICE: Anche a te! 

Qui si può chiacchierare con lei, ma si può anche farsi due risate col Capitano Kirk. Sperando che sia meno metallicamente triste e che si senta meno sotto la spada di Damocle rispetto alla povera Alice-che-si-finge-felice.

19.8.11

Al fiume

Conosco una famiglia con tre figli:
- NumeroUno, famoso per essere tranquillo come uno tsunami;
- NumeroDue, guanciotte tonde e codine bionde, degna sorella di suo fratello;
- NumeroTre, ciliegina sulla torta.

Per qualche hanno ho fatto l'animatrice di frontiera al loro paesello. Dico di frontiera perché il paesello sta a circa 700 m slm, quindi è "là sui monti" ben contrapposto a "qua in piano", e tra "i monti" e "il piano" (che sta a 300 m slm) non corre troppo buon sangue.
I genitori di NumeroUno-Due-Tre sono ottimi rappresentanti, non senza buone ragioni, di questo campanilismo all'ennesima potenza, dove la cittadozza che ha amministrativamente fagocitato il paesello mal lo sopporta ("quei montanari") e il paesello fagocitato non sopporta affatto la cittadozza ("ci hanno chiuso la posta e vorrebbero chiudere pure la scuola? E comunque il nostro carro di carnevale vince sempre la sfilata"). In questo contesto, per un pianuricolo avventurarsi al paesello può presentare alcuni rischi più o meno velati.

Io ero chiamata a rimpolpare l'esiguo numero di animatori disposti a offrire un'attività socializzante che i ragazzini potessero fruire senza doversi spostare nella cittadozza. Nel gruppo c'erano sia NumeroUno che NumeroDue, mentre il terzo stava ancora sulla nuvoletta in attesa di venire giù.
Ho iniziato a recarmi al paesello ogni sabato pomeriggio e ogni volta venivo picchiata. Dai bambini. Capitemi, i più grandini delle elementari hanno una stazza paragonabile alla mia, alle medie parecchi mi superano. E la lotta è impari: io non posso picchiare loro o rischio la denuncia.
NumeroUno era tra i picchiatori, nonostante mi conoscesse da quando senza dubbio la più alta ero io. Durante le "attività" non stava fermo un secondo facendo venire il mal-di-mare-in-montagna a tutti gli altri, comuni mortali, che perdevano il filo della storia per colpa sua mentre lui la seguiva sempre benissimo - anche a testa in giù, strisciando sotto una sedia o passando e assestandoti un calcio o un pugno. Finché, illuminata, gli ho detto "Ma NumeroUno, se mi picchi mi fai male e se mi fai male io penso che non mi vuoi bene". Ha spalancato gli occhi e ha smesso.
Gradualmente mi hanno accettata tutti e alla fine eravamo come panna e cioccolato. Quando me ne sono andata mi hanno scritto una letterina commoventissima che ho ancora incorniciata e appesa.

Anni dopo ho reincontrato NumeroUno durante le feste natalizie: babysitterava NumeroTre cercando evitare che si infilasse sotto le auto che giravano per il piazzale, o che falciasse correndo le vecchiette che cercavano di arrivare presto al caldo. Mi ha detto:
"NumeroTre non sta fermo un secondo e bisogna corrergli dietro in continuazione, anche a casa, sempre di corsa e io certe volte mi sento stanco..."
NumeroUno! Quello che sfiniva tutti una volta eri tu! Oh-oh... mi si è un po' stretto il cuore perché ho visto che stava diventando grande.

Brian Stansberry da Wikimedia commons e lakdasun.com
Forse crescere vuol dire perdere quell'energia esplosiva e incontenibile. Ma conto, dato che l'energia non si crea e non si distrugge, che si limiti a trasformarsi in un'energia più incanalata, a volte forse sotterranea, ma potenzialmente più possente. Spero che NumeroUno, e non solo lui, adesso che non è più una sorgente che saltella e ti spruzza, trovi un bel modo, il suo modo, di essere un fiume: placido tranne qualche piena, e con tutta l'acqua necessaria per la vita di molti.

9.8.11

Nome: Scorpio. Cognome: avreipreferitononincontrarti

A traslocare nelle Bucoliche c'è anche il rovescio della medaglia. Di solito lo riconosci perchè ha troppe zampe.
Regola aurea: dove abito io, chiunque sia sorpreso in casa e risulti possessore di zampe in numero pari a sei, otto o superiore è condannato a subita e istantanea morte.
Potrei anche concedere la grazia, possibilità molto più concreta se sei una coccinella o una farfalla, ma in linea generale: SPLAT!
Va da sè che se sei un ragno gigante che manco un film dell'orrore, o uno scorpione, le possibilità di cavartela oscillano tra lo zero assoluto e il nulla. Infatti la lista dei valorosi caduti ha già una sua consistenza.
Eppure.
Codesta orrida creatura è la prova vivente (almeno quando l'ho vista per l'ultima volta) che mai dire mai.
In considerazione del fatto che stava in uno scatolone di viveri che io, ignara, ho svuotato a mani nude senza riportare punture...
In considerazione del fatto che magari ha provato senza successo a pungermi, ma non l'ho colto sul fatto e quindi vale il beneficio del dubbio...
In considerazione del fatto che quando l'ho visto (=quando ho riguardato nello scatolone dopo aver fatto un salto indietro) se ne stava rincantucciato e spaventato, in trappola...
In considerazione del fatto che, essendo appunto lui/lei in trappola, ho avuto il tempo di pensarci su, e uccidere a sangue freddo è più difficile...
Ebbene, la pena di morte è stata commutata in reclusione in un vasetto puzzoso di pomodoro scarpariello (buono, lo so, ma non per farci l'aerosol) e successivo esilio, spero perenne, a 20 km di distanza.
La seduta è tolta, ma i prossimi si ricordino che l'eccezione conferma la regola: SPLAT!

8.8.11

Un po’ castello, un po’ villa, un po’ casa sull’albero







Un castello con mura di pietra in cui dama e cavaliere cenano al lume di candela, perché l’unica lampadina non è sufficiente e anche i lampioni fuori son tanto pochi che le stelle si moltiplicano. È la Via Lattea quel chiarore? Poi il pavimento si popola di fili, triple e prolunghe e il XXI secolo riesplode in tutti i suoi watt. E siamo in rete!
Una villa di campagna, viti e alberi e orti e galline e mucche per vicini, vetri ondulati dal tempo, scuri di legno, San Giuseppe guarda il cortile dal mosaico, un pavimento in cementine uscito dritto da un film di Tim Burton (Johnny Depp non incluso) che bianco non torna ma lucido abbastanza, altri in cotto che aspettano il loro turno di pulizia per mostrare il loro colore. Un terrazzino da cui la micia osserva il mondo nuovo che la aspetta. Con punte di scarsissima approvazione in concomitanza con il transito di altri gatti in cortile.



 

Una casa sull’albero in cui arrampicarsi su scale a pioli per raggiungere il primo piano o la mansarda. Un po’ circo, anche, se contemporaneamente ti improvvisi equilibrista per portare da basso i piatti da lavare o di sopra quelli puliti. Finché il suocero (sant’uomo) passa a vedere e sentenzia che “non è molto pratico”: la scala di legno a gradini riprende il suo posto e la casa è un po’ meno sull’albero e molto più user friendly.




 

I Nonaddetti hanno traslocato. Due settimane fa e con una settimana di anticipo sulle previsioni, causa inattesa solerzia delll’omino incaricato di piombare il contatore del gas nell’appartamento. Sono stati aiutati da diverse persone tra cui spicca l’assenza dei genitori della Nonaddetta, tenuti all’oscuro di tutto (credo) onde evitare crisi di ansia (loro e poi mie) e il rischio di eliminazione delle loro ferie per aiutare nel trasloco. Sono incerta se quando glielo dirò saranno solo sorpresi (traslocato? davvero?), anche tristi (tu non ci vuoi, ah, mondo crudele!) o decisamente furiosi (siete pazzi!).
 
Si sono accampati in un’ala della casa che per ora non sarà coinvolta nei lavori di restauro. Adesso, con parenti e amici, sono addettissimi a procedere con i lavori e, intanto, nel trasformare quest’accampamento in un campeggio a due stelle: una per l’acqua corrente, l’altra per il wi-fi. L’importante è poterci sopravvivere fino al prossimo trasloco, che si spera arrivi prima del freddo: pochi metri più in là, nella stessa casa, una casa vera – la nostra!

21.7.11

Avere occhi belli

3.bp.blogspot.com
Avevo occhiali con lenti colorate. Del colore che serviva, o che mi andava, in quel momento.
Il mondo attraverso quelle lenti! sempre nuovo, immenso, da scoprire. In genere bellissimo.
La fatica c'era, ma con quella dose di meraviglia e troppa curiosità - sempre un po' timidamente - andavo sempre avanti.

Forse è successo piano piano... si sono ingrigite. Cose che prima brillavano di sole hanno perso la poesia, la musica, i segreti, le porte da aprire.

Sapevo che il mondo poteva essere visto in grigio, ma non sapevo come ci si sentiva a vederlo. Ne ho avuto un assaggio e mi basta.

Mi dicono che indietro non si torna. Ma io voglio andare avanti: mi terrò il colore degli adulti, ma mi ostino a ricordarmi anche gli altri e a rivolerli, tanto più che li vedo spesso in filigrana e a sprazzi esplodono di nuovo, per poi scivolare via non ho ancora trovato da dove. Forse ci vorrà molto tempo, perché adesso la fatica ha un peso diverso e sconosciuto. Ma voglio cercare di rimettere i colori nelle mie lenti. Essere felice per il solo fatto che esistano. Un esempio.

Le perenni più economiche di Ikea.
Io tra le foglie vedo mondi... 
La camera della Foresteria è spoglia e triste. Essere lontana dal Nonaddetto, dalla micia, dalla casa, dalla famiglia, dagli amici, dalla Piccola Città, addormentarmi in una camera qualsiasi è triste.
Tra le prime cose che ho comprato c'erano le due umilissime plantule in foto. La prima è spacciata per Pachira aquatica ma è probabilmente una P. glabra, la seconda è una Dracaena marginata.

Chi osa inorridire? Le ho sentite definire orribili.



Ci sono dentro mondi.
Le cose di ogni giorno raccontano segreti...
Ci sono molti livelli a cui guardarle.

rocoroco.mints.ne.jpinterior-arne.com
Il più concreto. Sono due piccoli esseri viventi che mi fanno compagnia in modo che trovo più piacevole di ragni e zanzare. Cambiano lentamente (neanche tanto) e ogni giorno posso curiosare.
Pachira è estroversa e diretta, ha particolarmente apprezzato il cambio di residenza e ha tre foglie nuove, una completamente aperta e due spennacchietti arruffati.
Dracena è più lenta a sciogliersi, ma adesso non è più così impettita e inizia a incurvare le foglioline, allargarsi, esplorare centimetri. 

C'è chi le alleva e le ambienta in modo elegante. Si vede un'altra cultura nelle forme, nei colori.
Mica parlano, ma se qualcuno vuol far cambio con una zanzara domestica...

Sono entrambe originarie dell'area tropicale, non ho indagato eccessivamente se africana o asiatica,e in libertà non assomigliano affatto alle creaturine smilze che occhieggiano qui davanti.
Sono alberi, fanno ombra alle case e ai parchi.
Forest & Kim Starrgislab.fiu.edu

Fioriscono. Attirano api locali? Fanno frutti, semi.
Le persone raccontano storie su di loro: Pachira passa  per essere un portafortuna.

tree-species.blogspot.com

I semi pachirini si possono pure mangiare. Mi chiedo che sapore hanno questi dolci... se conoscerò mai qualcuno che me li offrirà... e come avremo fatto a conoscerci, e dove saremo... 
delgeen.comzoom50.wordpress.com

Ecco. Mondi interi :) Care le mie lenti colorate.

19.7.11

Piastrelle!

Il cantiere sboccerà in una casa abitabile, un giorno!
Ma noi ci andremo ad abitare prima, come testimoniato dal countdown che dice che manca una settimana circa.
Ed è vero.

Era una casa molto carina, senza soffitto
(no, quello c'è!)
Senza cucina
(il Nonaddetto ne porta a casa una usata domani col furgone
e l'aiuto dell'amico X. Passano anche all'ikea
a prendere materasso e mobiletto per bagno,
entrambi rigorosamente in offerta)
Non si poteva entrarci dentro
perché non c'era il pavimento...
beh, se ci si accontenta del cemento c'è! 

Ma stiamo anche vedendo per le piastrelle. Potendo metteremmo solo legno e zero piastrelle, ma il cortile di ghiaia sconsiglia di mettere i teneri, economici, bei listoni di pino a piano terra. E in cucina e soprattutto bagno vogliamo poter pulire con detergenti aggressivi. Quindi piastrelle.

Queste ci piacciono proprio.
Forse un po' meno quando ci avranno comunicato il prezzo.



Effetto pietra, ma non rustico.
Elegante, ma non pretenzioso.
La versione opaca ha i piccoli riflessi di certi sassi al sole.
Il lappato sembra più facile da pulire, e non sfacciatamente lucido.
Le venature leggere potrebbero confondere un minimo le impronte
di zampette bagnate di gatto o di bambini.



Ci piace il rettangolare, ma posa sfalsata.
Questo è troppo beige però.


Oppure un finto travertino bianco.
Neanche di lui sappiamo ancora il costo.
Emotivamente meno attraente, ma più liscio e pulibile.
Il rettangolo costa troppo, qui si andrebbe sul quadrato.


Se qualche sperduto visitatore ha esperienze di pulizia sul gres porcellanato lappato o opaco i commenti sono benvenuti, anche se ogni piastrella è a sè...

Nelle Miniere di Moria. Come si dice "Boss, ho sbagliato" restando vivi?

Dal film "La compagnia dell'Anello"
« Non si riusciva a distinguere cosa fosse: era come una grande ombra, nel mezzo della quale si trovava una forma scura di dimensioni umane, e anche più grossa; potere e terrore parevano sprigionarsi da essa e precederla» (Il Signore degli Anelli)

Trovo che Tolkien sapesse scrivere e che il film non abbia capito niente del ritmo del libro. E che certe immagini di quella storia siano efficaci per rendere gli aspetti emotivi della vita quotidiana.
Tipo. 
Per sbarazzarsi del funesto anello, la Compagnia viaggia attraverso posti poco salubri e fa incontri sinceramente spiacevoli, mica la vecchietta che ti salta la fila in posta. Mentre stanno attraversando le Miniere di Moria si tirano addosso orde di orchi e altre creature in numero tale da consigliare di darsela a gambe. In casi simili, disporre di uno stregone può far comodo: per esempio Gandalf si attarda a sigillare magicamente una porta alle spalle del gruppetto che si scapicolla giù per le gallerie. Quando li raggiunge annuncia tetro: "Mentre facevo l'incantesimo è arrivato qualcosa, dietro la porta. Non so cosa sia ma non ci tengo a scoprirlo: speriamo che la porta regga e nel dubbio corriamo più veloci".

Ci sono giorni in cui Ricercatore1 sembra odiare il mondo. C'è qualcosa, dietro la porta, che arriva a ondate quasi fisiche e non so cosa sia, ma non ci tengo a scoprirlo e spero che la porta regga.

Dopo questa premessa, immaginiamoci come sto dato che oggi ho sbagliato tutto. Quella cosa dietro la porta mi manda nel panico: il mio cervello trasmette una cosa come "Fine delle trasmissioni".
Non so gestire l'aggressività, non so gestire la derisione, non so gestire uno che mi si appollaia sulla spalla e controlla ogni singola mossa, non so gestire uno che non ti dice cosa pensa di te ma su chiunque altro spara a zero (2+2=4). Mi impanico e sbaglio le cose più elementari.

Gandalf and Balrog - John Howe
Quando alla fine l'errore mi si palesa davanti, dopo un'intera giornata di agonia e oltre qualsiasi possibilità di salvare il salvabile, il panico trabocca anche dagli occhi di Puntaspilli, il dottorando che le prende in continuazione - affettuosamente ma non solo, e di Dottoranda. Tocca a me ammettere l'errore e non vorrebbero essere nei miei panni neanche per una trilionata di cannoli.
Che posso fare? Vado, e gli parlo.

Anche lui parla. In modo civilissimo, per la verità, e anche gentile. Non ha fruste di fuoco a nove code e non la prende male: tanto sono io che devo rifare il lavoro e non ho rovinato nessun campione. Concordiamo regole e modalità sul periodo di rodaggio reciproco, da cui comunque solo io posso uscire bocciata. (Per ora ho una possibilità di non finire sulla graticola, se no meglio non pensare a cosa potrebbe fare la cosa) Io ammetto che in genere non sbaglio e che il problema di emotività è mio e mi conviene risolverlo; lui ci mette il timbro e mi comunica che sì, mi conviene davvero anche perché lui non cambierà una virgola del suo modo di fare.

Mi sento come un artificiere che ha provato a disinnescare una mina e non è saltato in aria, ma trattiene il fiato aspettando di sapere se c'è riuscito davvero. Per poi passare alla prossima, dato che davanti a lui il campo minato offre solo l'imbarazzo della scelta.