29.1.13

E' arrivata

Un passo, un respiro, un colpo di scopa... ricordatelo, Nonaddetta, ricordatelo! E spera che avesse ragione il Beppo.
O il Carlone, che diceva "Un passo alla volta e mai più lungo della gamba".
E Conrad non parlava della linea d'ombra, che ti copre l'orizzonte e che devi avere il coraggio di affrontare per crescere?
Invece io adesso vorrei vedere più in là, avere sempre l'orizzonte sgombro, aperto e la direzione chiara. L'ho sempre avuta, la direzione chiara, e le curve non mi hanno mai fatto fare una piega. Ero quella dei sentieri in montagna, fatti proprio di curve e da cui per ore la cima non si vede, eppure vai avanti piano piano con la tranquillità che la cima è sempre al suo posto e quindi per forza ci arriverai. Mi sa che le decine di migliaia di km in autostrada mi hanno un po' traviata.

Fatto sta che a inizio mese già percepivo l'ombra che strisciava, e zac! oggi mi è piombata in testa. Per fortuna c'è un bellissimo cielo azzurro a bilanciare il mio pensiero fisso: non ho più un lavoro nè idea di come trovarne un altro - neanche del settore in cui cercarlo per la verità, ergo ho sbagliato tutto, ergo sono un'incapace, ergo perdo stima di me stessa e ho il sacro terrore che la perda anche il resto del mondo, in particolare il Nonaddetto.
Lui replica che la nostra fiducia reciproca non è basata sulla carriera e dunque non può essere scalfita da qualsiasi cosa capiti in quel campo. Io gli sono grata per queste parole e spero che sia vero.
La mia fiducia in me, però, è parzialmente basata su questo e dunque può essere scalfita eccome.

Allora.
Mi appiglio alla percezione del colloquio con la Ditta Strana, che di per sè era andato bene.
Cerco di portare avanti quanto più possibile i lavori nella casa perchè non siano d'intralcio dopo, quando Pipo sarà in grado di restare per un po' con qualcun altro e io potrò tornare a caccia fuori.
Cerco qualche corso che mi dia competenze diverse: non mi assumono con la pancia, ma in realtà il cervello funziona e dunque posso imparare. Se gli annunci per impiegate amministrative non mancano mai, dopotutto perchè no? Impara l'arte... Però ci sono difficoltà da districare. Il tempo stringe e alcuni corsi sono lunghi. Non tutti sono vicini e guidare, anche solo 1+1 ora, inizia a pesare. E poi mi confondo: sarà meglio un percorso sulla contabilità, o sulle capacità di vendita, o sul business plan, o su LCA (), o... sui nidi domestici? Tutto è utile, ma molti corsi non sono gratuiti e... ce n'è uno che in questo momento può fare da asso nella manica?
Uscire, andare a parlare con qualcuno che possa dare qualche dritta... o che possa prendere nota che esisto... pensarci, trovare questi qualcuno.

Detesto chi in questi momenti lascia cadere buoni consigli completamente campati per aria o mi dice come dovrei, o non dovrei, sentirmi. Lasciatemi in pace. Hanno forse fatto magie, i vostri consigli, finora? Fatemi percepire la vostra presenza, il vostro supporto, ma lasciate che mi arrangi dato che non potete, in reatà, aiutarmi in questo. (A scanso di equivoci: questa era per mia mamma, che non aveva certo l'intenzione di farmi star male ma è riuscita lo stesso a peggiorare la situazione. Poi me la son fatta passare, eh)
Mi ricolloco mentalmente sul vecchio sentiero, fatto di curve, dove la cima si nasconde a lungo, su cui capitano banchi di nebbia fredda e umida da cui uscire per scaldarsi, mi ostino ad ascoltare se qualche falco chiama e a pensare che ci dev'essere per forza una cima da cui si vede il paesaggio vasto aperto e illuminato e magari perfino, nei giorni migliori, il mare lontano. Non è ancora affatto finita, è solo esasperantemente lunga e lenta.

Da qui

22.1.13

Momo

Il nonno del Nonaddetto ci regala, ad ogni Natale, un pezzo di arredamento che aveva promesso a qualche altro parente, costringendoci a telefonate con offerte riparatorie - di solito educatamente rifiutate - appena Nonna A ci vede rientrare e alza gli occhi al cielo "Quello doveva darlo alla zia, quell'altro alla cugina".
Preciso che il paese del cioccolato e degli orologi non è particolarmente progressista e l'arredamento, per quel che ho potuto osservare, è fermo alla metà del secolo scorso, granitico nelle proporzioni e plumbeo nei colori. Per fortuna la vetrina del salotto non entra in macchina per cui il nonno è limitato ai complementi d'arredo. Quest'anno ci è toccato un servizio di piatti terribilmente tradizionali ma, ammetto, di un blu molto bello ("Zia, sai quel servizio che era della nonna..."), l'anno scorso un orologio caratteristico della regione ("Zia, sai l'orologio, quello verde..."). A pendolo, suona a tutti i quarti d'ora: ma lo fa con un suono tanto grazioso e sottile che ci si abitua prima di aver attuato il proposito "Adesso lo fermo e non lo caricherò mai più".
L'illustrazione è della bravissima Zuzanna Celej
Dopo un anno di scatolone è stato finalmente accolto in casa; c'è poco da fare, per me sa di orologio di fiaba, io lo sento suonare e penso a Momo, di Michael Ende. E' difficile rendere la poesia di questa storia in poche righe e io stasera non ci provo nemmeno. Ma sento l'orologio e penso a questa bambina che ha tempo, che sta ad ascoltare le persoone, va a cercare i suoi amici rapiti dall'imbroglio della frenesia, segue la lentissima tartaruga verso la casa del custode del tempo e, per arrivarci, deve andare piano piano... e per di più voltata all'indietro, senza poter guardare la sua meta... e nel voltarsi vede con spavento i cattivi che la inseguono, correndo; ma mentre lei, a passettini minuscoli e lenti e all'indietro, avanza velocissima, loro non riescono ad avanzare. E poi penso alla casa piena di orologi che suonano a tutti i momenti, e ai fiori di tempo che nascono nel nostro cuore.

"Esiste un grande eppur quotidiano mistero… Questo mistero è il Tempo.
Esistono calendari ed orologi per misurarlo, misure di ben poco significato,
perché tutti sappiamo che, talvolta, un’unica ora ci può sembrare un’eternità
e un’altra invece passa in un attimo… dipende da quel che viviamo in quest’ora.
Perché il tempo è vita. E la vita dimora nel cuore."

Dove finisce tutto il mio tempo? Lo passo con le persone che dico di amare? Lo passo con i miei sogni? Lo dedico alla pancia che scalcia? O mi cruccio perchè lo sto perdendo - a casa, improduttiva - e allora lo perdo davvero?
Dei cari amici sono venuti a trovarci domenica e hanno potuto finalmente vedere lo stato di avanzamento dei lavori - l'ultima volta che erano entrati qui era due anni fa. La casa ha ricevuto tanti complimenti, ma mentre lui ha un po' capito la quantità di tempo e fatica che i lavori hanno richiesto - perchè ha fatto casa anche lui - forse lei non ha potuto, perchè è arrivata a casa fatta. Lì per lì mi sono sentita incompresa. Poi ho ricordato quanto poco abbiamo potuto parlare e condividere le esperienze di tutti i giorni. Non è facile capire le cose se non le hai provate o almeno condivise lungo la strada; io stessa capisco a posteriori quanto poco ho colto di quello che stavano vivendo e vivono tante persone che conosco.
L'illustrazione è della bravissima Zuzanna Celej
Li comprendo, io, gli altri? Si dice che se potessimo fare un mucchio di tutti i nostri guai, poi alzassimo il naso e guardassimo i mucchi degli altri, ci affretteremmo a riprenderci il nostro.
C'è Puntaspilli che ha rinunciato al dottorato a due terzi del percorso per salvarsi la salute, senza aver fatto in tempo a dare l'addio a suo padre perchè era dall'altra parte d'Italia, e soprattutto questo pezzo del pensiero mi fa una gran rabbia e una gran tristezza. Non vorrei mai che mi succedesse.
C'è Inesauribile che ha l'endometriosi, non le è stata curata per tempo così oltre ad aver sopportato il dolore inutilmente per anni ora deve affrontare un intervento ben più complicato per tentare di guarire. Non vorrei mai che mi succedesse.
C'è la famiglia Pink che si è vista fallire il muratore che aveva preso i soldi per ampliare la casa in modo da far posto alle gemelle, e chissà quanto tempo per riavere qualcosa o rimetterli da parte. Non vorrei mai che mi succedesse.
Meglio non continuare. Per fortuna in ognuno di questi casi ci sono anche motivi per tanti sorrisi: Puntaspilli una ne fa e cento ne pensa, Inesauribile esaurirà l'intervento ben prima delle sue risorse interiori, i Pink possono guardare le bimbe sane e vispe e tirare comunque un sospiro di sollievo e soddisfazione.
Semplicemente... tutto questo tempo... meglio condividerlo. Non passarlo da soli, o almeno non isolati. A costo di "perderlo", dover andare al passo con chi ha un ritmo diverso e scombinare un po' il proprio. E' vero che dobbiamo fare tante cose, per carità, certo che farò i salti mortali per riavere un lavoro, ma. Cosa mi rimarrebbe senza le esperienze condivise con queste persone? Quello che ricordo più volentieri sono i momenti passati insieme, mentre si lavorava o nel tempo libero. Non vorrei tenermi i risultati ottenuti se dovessi rinunciare a questi ricordi. Spero di imparare a conciliare meglio le due cose. Spero che abbia ragione Beppo Spazzino quando dice alla piccola Momo:

“Vedi Momo, è così: certe volte hai davanti una strada lunghissima.
Si crede che è troppo lunga: che mai potrà finire, uno pensa.”

Guardò un po’ in silenzio davanti a sé e poi proseguì:
“E allora si comincia a fare in fretta. E sempre più in fretta.
E ogni volta che alzi gli occhi vedi che la fatica non è diventata di meno.
E ti sforzi ancora di più e ti viene la paura e alla fine resti senza fiato… 
e non ce la fai più… e la strada sta sempre là davanti.
Non è così che si deve fare.”

Pensò ancora un poco, poi seguitò:
“Non si deve mai pensare alla strada tutta in una volta, tutta intera, capisci?
Si deve soltanto pensare al prossimo passo, al prossimo respiro, al prossimo colpo di scopa.
Sempre soltanto al gesto che viene dopo.”

Di nuovo s’interruppe per riflettere, prima di aggiungere:
“Allora c’è soddisfazione; questo è importante,
perché allora si fa bene il lavoro. Così deve essere”.

E poi, dopo una nuova lunga pausa, proseguì:
“E di colpo uno si accorge che, passo dopo passo, ha fatto tutta la strada.
Non si sa come… e non si è senza respiro”.
Assentì, approvandosi, e disse a mo’ di chiusura:
“Questo è importante!”

PS: non ho avuto tempo di scrivere un post più corto, nè scritto meglio. Ma non volevo disattendere la promessa proprio la prima settimana, e per il resto della settimana sarò impegnata... a passare tempo con nonna E!

17.1.13

C'est incroyable

Ehi Pip.
Già che sei sveglio ed è l'ora della tua ginnastica mattutina (hai già capito tutto della vita, eh? Mai a dormire e mai in piedi...), sentimi a me. Facciamo un buon proposito e vediamo se riusciamo a mantenerlo? Un post a settimana. Un ritmo rilassato, sintetico e selettivo, mica facile quindi, però decisamente migliore del mutismo!

Diciamo i nostri segreti? Tranne che ai nonni, abbiamo detto fine maggio-inizio giugno per non essere tempestati di "Allora, è nato?"; non è una bugia grossa, perchè sei atteso per il 17 maggio però in realtà sei di qualche giorno più giovane quindi la data corretta sarebebe un po' dopo. E poi chi lo sa, il primo parto, la luna che si fa il 25, il tuo carattere, vedremo.
E dopo che zii e zie mi hanno stufato chiedendomi "Sai cos'è?" prima che "Siete contenti? Come state?", e dopo che la mia nonna ha sentenziato "Speriamo che sia maschio!" (ma grazie nonna, eh! anche da parte tua, eh!) ho deciso che per risparmiarti qualche mese di stereotipi, nonchè per evitare regali orientati e difficili da riciclare per un eventuale secondogenito, non sapranno se sei Pipo o Pipa finchè nascerai. Non abbiamo preferenze e Lui non era interessato a saperlo; io sì, solo perchè è una delle poche cose che possiamo sapere ora e che possono definirti come essere autonomo e indipendente, dandoti un'identità di altro-da-me, permettendoci magari di chiamarti per nome. Avevo bisogno di separare me e te, troppo mescolati altrimenti; lui o lei, crescerai esattamente nello stesso modo dentro queste mura: ma il fatto di poterti "vedere" con l'ecografo significava che sei vero e definito, non una entità misteriosa ed evanescente. E dunque abbiamo chiesto e, a scanso di errori ecografici, sei Pipo, e questo non lo sanno neanche i nonni - che in ogni caso preferiscono così per non disturbare la sacralità dell'evento... Benvenuto!

A Natale hai fatto il regalo a me, iniziando a farti sentire inequivocabilmente. A inizio anno l'hai fatto a Lui, mollando calci ben percepibili in superficie: sei ancora un nanetto, ma non ti manca l'energia... preferisco quelle incredibili carezzine solleticose che non ho idea di come fai a fare. Poi fai un po' la primadonna, eh, non è ancora tanto facile interagire con te, provocarti e ottenere risposta. Impareremo a giocare insieme... pensare di poter già iniziare è una di quelle cose che mi fanno venire i lucciconi, anche se sono di quelle che non ci avevano mai pensato - o forse specialmente per quello.
L'ecografista della morfologica ti ha concesso tanti complimenti ed è stata così carina da mandarci via con un intero book fotografico, compresi un primo piano dei tuoi piedi, di naso e bocca spiaccicati sul vetro, e un paio di profili con manina che hanno dato un contributo non indifferente allo scioglimento dei Poli.
Nonna E, che poi sarebbe la mia mamma, ha guardato le fotine e commentato che sembra che tu te la stia ridendo; effettivamente non ha tutti i torti, anche se forse è solo immaginazione. Nonno M non ha commentato perchè era commosso. Zio A, raggiunto via smartphone, ha approvato. Zietta, dai suoi quasi 18 anni, sta cercando di capire, più o meno come me.
Poi ti abbiamo scarrozzato fino al paese del cioccolato e dei cucù, dove Nonna A ha guardato anche lei le fotine e ha commentato "C'est incroyable": non c'erano queste ecografie, quando io e Lui eravamo nelle pance, e mi sembra di capire che lo Zio non abbia mostrato le ecografie del tuo (splendido) cuginetto. Nonno P è di poche parole e ha commentato solo con gli occhi che ridevano. Un numero piuttosto consistente di zie e cugine hanno commentato esattamente come nonna A: "C'est incroyable, c'est incroyable", e non si erano messe d'accordo. E quando siamo tornati indietro avevi già parecchie scarpine portafortuna e diversi doudou...

Adesso siamo a casa e cerchiamo di sfuggire alle sabbie mobili di body e tutine da cercare ("Mamma, la signora del negozio consiglia che tu vada a cambiare le tutine che hai preso; sono troppo calde". "Ma a volte in maggio è nevicato, non si sa mai, prendine tu di più leggere". "Mamma, si useranno per un solo mese, quante ne prendiamo? Poi magari dalla sterminata schiera di cuginetti di Lui ne recuperiamo qualcuna...". "Eh, va bene così".) e di duo e trio e basi isofix, di lettini culle carrozzine materassini cuscini antisoffoco, e paraspigoli e chiudi ante, e...
... io ho scovato un corso con parte informativa e parte di ginnastica-respirazione che non costa una fortuna e mi ci sono buttata dentro, perdendo il senso del tempo nella parte di rilassamento ("Come ci salutiamo? Ma che ora è?") e capendo che non è male effettivamente evitare di arrivare alla data fatidica come una mozzarella in carrozza. E sentendo gioia, finalmente, nel muovere questo corpo panciuto in uno spazio in cui era accolto e coccolato.
E ho scoperto che ne so già tante, tra web e letture, da Wonderland a quelle ereditate dalla mamma e in particolare "Per una nascita senza violenza", Leboyer, 1978. Di questo leggo le prime righe e inorridita esclamo che mioddio, oggi non si fa più così!; poi leggo il resto, e non sono più tanto sicura che oggi non si faccia più così. Benedico il Piccolo Ospedale, in cui sembrano molto umani e rilassati, e ho parecchie domande per le ostetriche al prossimo colloquio. L'ho detto che non c'è un ginecologo che ci segue, dato che per ora non ci sono problemi particolari, ma solo le ostetriche? Comunque ne so già tante ma di sicuro non tutte. L'altro giorno mi sono imbattuta nelle foto del parto in "Avremo un bambino" (Janet Balaskas, Yehudi Gordon, Ed. Red! 2012) e tra le corsie del negozio ho dovuto nascondere i lacrimoni dell'emozione; l'ho portato a casa e ieri sera ho pianto di nuovo davanti a queste parole:

"... Partendo dal punto fermo che una donna abbia fiducia nella propria capacità di portare in grembo, partorire, nutrire e assistere il suo bambino..."

Questa è la fiducia mi è mancata nei primi mesi, persa nel labirinto opaco e popolato di mostri a Nebbialand, in cui sembrava che niente potesse andare per il verso giusto e io ero convinta che chissà cosa poteva esserti capitato - ti ho detto che dopo Fuscello e la sua ischemia a 27 anni, anche Puntaspilli a 29 anni ha ceduto ed è scappato per salvarsi dopo aver iniziato ad avere attacchi di panico? Di questa fiducia mi sto riappropriando adesso, mentre sembra che tu abbia molto saggiamente ignorato labirinti, nebbie e mostri vari.
Ciao, scalciatore, buon riposino. Vedi di ricordarti di dormire anche quando verrai di qua.