7.11.12

Beira

Beira significa "riva", na beira do mar è sulla riva del mare - se ho capito bene. E' un porto, infatti, con una lunghissima spiaggia di sabbia dorata e sottile... vuota, perchè dalla gente del posto è usata come posto su cui stai in piedi mentre pieghi le reti da pesca, o su cui ti siedi mentre secchi i pesciolini al sole, o come cacatoio pubblico data la comodità dello scavare buchi; solo tra un'attività e l'altra ci si concede del riposo come fa chi è in vacanza (che piante sono queste? che mollusco era questo che ha lasciato questo guscio? che pesci pescano? perchè perfino gli uccelli bianchi e neri stanno separati?), e i bambini giocano. Turisti non ce ne sono, con buona pace del Club con piscina che se ne sta a un certo punto della spiaggia e accoglie solo i pochi abitanti benestanti - in parte bianchi. Quindi ti puoi godere la vista di Lignano Sabbiadoro com'era, tranne forse per gli scheletri di navi arenate (come sono finite qui?!). Avremo modo di camminare spesso lungo la spiaggia, usandola al posto della strada soprattutto per andare e venire dall'orfanotrofio... perchè vedere il mare ci consolerà in quelle occasioni.

Click per ingrandire. L'argenteo della foto in basso a sinistra sono pesci a seccare.
E questo, in cui il sole la sera tramonta a velocità vertiginosa, tanto che se devi cercare la macchinetta non hai neanche il tempo di scattare la foto, è l'Oceano Indiano. A pensare che stiamo respirando quest'aria, che per me sa di storia e di navigatori e di esploratori e di Marco Polo e di Sandokan e di tutto tranne che del posto in cui ti svegli la mattina perchè ci abiti, come capita alla gente di qui... a me fa emozione.

A dire il vero però il nostro giro turistico è iniziato dal centro città, che è meno poetico. O forse lo era soprattutto verso sera, con poca gente in giro, e per me che ero di certo poco capace di leggere quello che vedevo. Vedevo brutti edifici in buona parte abbandonati e occupati da persone che trovavano utili un tetto e delle mura di cemento, immagino soprattutto nella stagione piovosa, nonostante non fossero dotati - nè dotabili - di servizi come l'acqua e la corrente elettrica. L'esempio per eccellenza è il Grande Hotel, abitatissimo pur se in queste condizioni. E se, da noi, in tempo zero spunterebbero collegamenti abusivi alla rete elettrica, in un posto in cui l'elettricità è scarsa non è facile nemmeno rubarla, quindi la sera l'hotel non è illuminato. Di che anni sono questi edifici? Dagli anni '60 sono iniziate le ribellioni che hanno portato alla guerra d'indipendenza, quindi devono essere precedenti... l'hotel è degli anni 50. Perchè in Europa si costruivano edifici eleganti e qui i portoghesi hanno fatto questi orrori? O sono edifici più recenti e già diroccati? L'hotel era considerato una meraviglia, prima del saccheggio. Il resto della città... meriterebbe qualche ricerca di vecchie immagini per capire.
I soldi per sistemarli non ci devono essere, perchè dove ci sono gli effetti si vedono: se vedi un palazzone restaurato, è una banca. E che dire del "monumento alla Coca-Cola", una bottiglia di cemento dalla forma inconfondibile che troneggia dall'alto di un'aiuola al centro di una rotatoria: rotatoria che la Coca-Cola ha generosamente offerto al Comune... Ci sono anche condomini abitati in modo regolare, da gente che paga l'affitto, naturalmente; come ci sono negozi, viali alberati e giardinetti mangiati dal sale, quel che c'è in una città di mare qualsiasi. Solo, qui ci sono anche questi mostri, e in generale niente è stato costruito per essere bello. Inconcepibile. Ho capito i portoghesi tirchi, ma... Chissà se Maputo, la capitale, è meglio? Chiariamoci... non ho la mania dell'architettura. Ma il confronto con tutti i posti che ho conosciuto stride a tal punto che non posso non chiedermi quale fosse lo spirito con cui i coloni si erano installati qui; l'impressione sfocata trasmessa dai palazzoni è quella del puro utilitarismo, senza nessuno sforzo di portare qualcosa di sè e senza piani di lunga durata. Pare che questa fosse la cenerentola delle colonie portoghesi, la stella era il Brasile: era là che andavano i soldi, qui la gestione era affidata a una compagnia privata! Ma dovrei studiare un po' più di storia.
Quello che non so ancora, in questa mia prima sera di respiri avidi di oceano e di sguardi spauriti sui palazzoni bui, è che - per fortuna - la mattina dopo ritroverò l'atmosfera affollata e viva intravista di sfuggita alla festa in piazza (era la festa della donna, ora che ho ricostruito!); e che quella folla sarà così onnipresente e compenetrata a tutto, per tutto il mese, che mi farà decidere che quella è Beira. Se potessi entrare all'hotel e conoscerne gli abitanti, credo che li troverei uguali a quelli che incontreremo fuori, nelle baracche: altrettanto vivi, e sconvolgenti per questo.

5.11.12

Tutto quello che non vi hanno mai detto che vi potrebbe succedere, e che invece succederà proprio in quel momento

Primo colloquio: sabato mattina
Ho passato il venerdì mattina  a leggere le infallibili istruzioni online sulle domande a cui prepararsi e su come vestirsi. Dipoi, aspettandomi un ambiente di ingegneri camiciacravattati, il venerdì pomeriggio sono corsa al centro commerciale a cercare scarpe e vestiti sufficientemente professionali: in laboratorio NON ci si mettono vestiti decenti... almeno, non dopo che i tuoi pantaloni preferiti hanno ricevuto il loro primo set di buchi da sostanza corrosiva del momento. E poi, non ci sono fighetti nei laboratori. Tende a essere un ambiente piuttosto alternativo, quindi mi serviva una cosa professionale ma non troppo, che se no sembro imbacchettata... ma a parte un paio di stivali antipioggia fantastici, l'unico risultato che ho ottenuto è che a un certo punto l'hanno avuta vinta gli ormoni, mi sono appoggiata sfinita e piangente faccia al muro per salvare almeno la dignità, e ho deciso di tornare a casa a far riposare la pancia e la testa, e al diavolo quel che mi sarei messa. Quella sera ho trovato le foto dei componenti dell'azienda, nascoste nella versione inglese del sito: manco l'ombra di una camicia. Benissimo.
Certo non potevo immaginare che la mattina avrei scoperto che il ferro da stiro non funzionava più. Strano, era appena dell'epoca delle guerre puniche e l'avevo solo fatto accidentalmente cadere durante la notte cercando a tentoni la strada per il bagno. E con ciò? Mi ero fatta male anch'io, ingrata ferraglia, non so come mi sono trattenuta dal lanciarti in cortile. Quindi, con i pantaloni stirati in stile "notte brava", imploro il Nonaddetto di scortarmi fino in loco con la sua auto, perchè sono già sfinita di prima mattina e capace che mi perdo, e di andare poi a fare la spesa già che c'è. Tre curve prima del mio traguardo, l'auto del Nonaddetto - le cui gomme sono poi risultate risalenti alle campagne napoleoniche - decide di cedere all'asfalto bagnato, taglia dritta una curva e si schianta sull'aiuola. Lui non si fa niente (grazie angeli custodi di tutti i tempi, che se gli succedeva in un punto in cui non era ai 40 all'ora poteva essere diverso), ma la gomma incastrata nella carrozzeria fa sì che l'auto non curvi più neanche invocando tutti i santi del paradiso e ciò rende arduo il posizionamento dell'automezzo fuori dalle palle mentre si cerca un carroattrezzi. Mentre io me ne sto sotto la pioggia con i  miei pantaloni stirati benissimo, il Nonaddetto riesce infine a portare l'auto sul ciglio della strada evitando al contempo il fosso. In un nanosecondo, il suddetto ciglio della strada viene rimosso e lanciato dalle gomme della sua auto ricadendo graziosamente a pioggia in un raggio di tre metri dietro di lui. La mia auto era dietro la sua. Era bianca. Prima. Si metamorfosa in versione dalmata in un amen, mentre io con un balzo felino mi levo di lì e riesco a salvare tutto, tranne la metà inferiore di una gamba che assume l'aspetto di una tuta mimetica militare. Con le lacrime agli occhi guardo la sua auto in panne, la mia in stile carica dei 101 dopo un rally per sfuggire a Crudelia, e il mio pantalone non stirato e mimetico. E che potevo fare? Scommetto che "Salve, le presento mio marito, non faccia caso alla terra, per caso c'è un'officina qui in zona?" era un modo per rompere il ghiaccio all'inizio di un colloquio a cui non avevate mai pensato.
In ogni caso, la media del vestiario lì dentro era sorprendentemente simile a quello che i Nonaddetti utilizzano per i lavori pesanti nella casa-cantiere. Un paio di t-shirt sovrapposte e una felpa di pile on top era il massimo dell'eleganza ritracciabile. L'ambiente era sovraccarico di enormi quadri inquietanti realizzati dalla titolare su qualsiasi superficie disponibile, dalle tele ai mobili alle pareti del cubicolo-bagno. La titolare stessa sfoggiava un'originale acconciatura con metà capelli bianchi e metà rosso fuoco - la metà inferiore della lunghezza, per la precisione - e mi ha accolta con un "Com'è il suo inglese? No perchè tutti hanno scritto buono, ma non era vero".
Il colloquio è servito solo a prendere un appuntamento per un secondo colloquio, finalizzato a un test scritto di inglese e a un paio di prove sulle competenze specifiche. La Nonaddetta ha sospeso il giudizio sull'ambiente ma ha accettato senza pensarci un momento di affrontare le prove, naturalmente.

Martedì: le Prove

Il primo signore è quello con cui ho parlato al telefono e che mi ha accolto sabato. E' talmente gentile che se respiri troppo vistosamente smette di parlare pensando che tu voglia dire qualcosa. Lui mi mostra il pc su cui dovrò scrivere i miei elaborati.
Li scrivo. Non sono particolarmente soddisfatta, ho tradotto due sole pagine su 4 nel tempo concessomi e so di aver dimenticato delle sviste - maledizione al correttore automatico di word - e la mia risposta alla loro domanda specifica mi sembra vaga e contiene ripetizioni.
Il secondo signore ha i capelli rosso fuoco - ma mi sembrano naturali. Perchè mai dovrebbe tingersi così? - e una felpa di pile multicolore. E' molto deciso, mi da' del tu a differenza degli altri e parla con voce stentorea. "Finalmente qualcuno che scrive!" esclama dopo aver letto la mia rispostina. Ma chi gli è capitato, prima di me? Tanto meglio. Parliamo di quello che ho scritto. E' molto manicheo nelle sue opinioni ma ne sa, e a me si accendono gli occhi perchè mi interessa, voglio impararlo il LCA, voglio sapere se vale o no la pena di fare certi impianti e usare certi processi, e mi stupisce e mi interessa scoprire che certi prodotti di cui sentivo parlare come oggetti di ricerca in realtà si trovano già sul mercato. Lui ripete alcune volte "Vedi che tu lo sai! Meno male che queste cose ve le insegnano!".
Prima di andarmene faccio presente che naturalmente scelgano il candidato migliore, ma se fossero interessati a me ma la work experience non si potesse fare, perchè non sono disoccupata, per l'amor del cielo non facciamoci fermare da certe bazzecole, ci sono altri incentivi che si possono chiedere. Il signore gentile sembra impressionato che io abbia cercato queste informazioni.
Esco con la sensazione di aver fatto tutto quel che potevo - solo la pecca, uscendo, di essermi fatta coinvolgere nella critica ai centri per l'impiego e certi aspetti delle università. Non criticare, non criticare, dicevano sui siti delle interinali... ah. Andrà come deve.
Non mi hanno ancora scritto, però. Aspetterò ancora uno o due giorni e poi li ricontatterò, se non si fanno vivi... Mi fa piacere sapere che ci sono. Non li conoscevo. Dunque potrebbero esserci altre realtà interessanti che non conosco. C'è speranza. Ma adesso ho trovato questi e prima di mollarli devono sbattermi la porta in faccia.
E intanto mi chiedo... ma cosa devo sperare? Perchè tu, Ranocchietto, come ti potrei gestire? Come potrei lasciarti ad altre persone pochissimo dopo che sarai nato? Riusciresti a sentirti amato, tu, o ti sentiresti abbandonato? Non lo so come saremo, non lo so cosa decideremo. Ti abbiamo rivisto, con la seconda eco. Come cresci. Pian pianino anche noi capiamo cosa ci sta succedendo. Vederti muovere... davvero capita a noi? Davvero tu sei... con noi? Quando ti penso mi chiedo chi sei, che carattere avrai, quanto dipenderà da noi, come ti chiamerai, ma quando ti guardavamo non mi chiedevo proprio niente. Eri tu, e basta.
Ci servono molte, molte più attenzioni e discussioni e mezzi e soluzioni perchè genitori e bimbi possano vivere senza soffrire per il lavoro!