9.4.13

Museruole e palle musicali

bat-wiki
Ho morso. Due volte. Zac! Zac! Nel sonno.
Per fortuna ho preso solo il pigiama del Nonaddetto, non lui.
Sognavo di discutere con un ipotetico datore di lavoro dal braccino corto e di dirgli e allora mi prenda in prova gratis, se sono brava ci guadagna e se non lo sono non ci perde niente. E... Zac! Zac!
Quando, un po' sconvolta dal fatto che avrei potuto fargli male, ho spiegato al Nonaddetto che non era lui che volevo mordere, serafico ha replicato che pensava stessi sognando qualcosa di più interessante, che so essere un vampiro.
Mia mamma ha commentato invece bene, ora basta imparare a mordere anche da sveglia. Lasciamo stare gli anni di sii buona sii gentile sii rispettosa, anche lei ha imparato due cosette nel tempo.

Il mio ex-ex-capo, quello del dottorato, mi ha restituito un paio di mesi fa la bozza del secondo articolo che sarebbe dovuto uscire dai miei tre anni di lavoro. Ho aperto il file, constatato che si era sprecato assai poco in questi tre anni nella correzione, e messo via il file. Sono in altre faccende affaccendata e non ho voglia di lavorare gratis. Zac!
Temo di non aver nemmeno festeggiato qui sul blog la pur agognata uscita del primo articolo: d'altronde è uscito in agosto, con soli 3 anni di ritardo sulla fine del dottorato, su un giornale discreto ma da non strapparsi i capelli, com'era ovvio - forse nella mia valutazione c'entra il lavoro di demolizione morale del mio ex-capo. Ho peraltro ricevuto complimenti da colleghi ben più pubblicati di me. Ha anche già una citazione, che non è male per un settore piccolo come il mio. Eppure ormai di entusiasmo me n'è rimasto poco. Zac!

E poi. Un finlandese mi scrive per sapere se non vorrei referare un articolo su un tema vagamente connesso al mio. Mi scrivono tutti, da agosto. Vedi che pubblicare serviva a qualcosa... quando era ora. L'articolo sarebbe per un giornale leggermente superiore a quello dove ho pubblicato io. E' un lavoro che si fa gratis, però è necessario alla comunità, vediamolo come volontariato professionistico, e sul CV puoi bullarti di essere referee per questa rivista. Nonchè ragionare su come scrivere i tuoi, di articoli. Anche se pensi che non ne scriverai poi molti.
Insomma.
Ho accettato e sono due giorni che studio l'argomento, perchè è preso da un angolo che non era il mio. Perchè niente zac? Perchè il finlandese non mi ha offerto niente, non mi ha fatto promesse, non ha spacciato illusioni. Ha chiesto del volontariato dopo aver trovato e giudicato accettabile il mio lavoro.

Allora.
E' con il mio ex-ex-capo che ce l'ho, non con il mio secondo articolo.

Quindi, ancora prima di esplicitare questo pensiero masochista, avevo deciso che quando avrò finito questo referaggio attaccherò quel dannato secondo articolo, poi lo restituirò e credo che non lo vedrò per un altro po'. Io sarò molto occupata. Ma credo anche che questa volta dovrei trovare il modo di spedirlo nonostante il mio ex-ex-capo, non grazie alla sua gentile disponibilità nel correggerlo. Quanto sono stata politically correct, o traducendo, stupida.

Allora adesso, per accontentare un po' tutti, sto davanti al pc seduta su una palla di gomma da pilates, per poter muovere la zona lombare, e ci saltello sopra col didietro a ritmo di musica a caso, compreso Khaled l'algerino che è come se un algerino ascoltasse Ramazzotti: il Pipo però sembra apprezzare e trovarlo meno noioso di un ambiente immobile e silenzioso ;)

21.3.13

Dicono...

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Ambulatorio prelievi.
L'infermiera va in brodo di giuggiole ogni volta che vado a fare i controlli e la mia pancia è cresciuta.
"Che bel viso hai! E' un maschietto?"
"Sembra di sì"
"Eh, lo dicono che se si ha un bel viso è un maschietto"
"..."
"Non che sia vero, ma sai vengo da un paesino di montagna e là c'erano tutte queste dicerie su come capire se è maschio o femmina... dicono che con le femmine vengono le macchie in faccia"
"Lo so, dicono tante cose: generalmente quelle negative sono riferite alle bambine e quelle positive ai bambini e io lo trovo triste e ingiusto"
"Beh, comunque non è che siano vere"
"Già"

Le dicerie possono essere infondate, ma l'atteggiamento è concretissimo. Perchè le bambine devono essere sminuite ancora prima che nascano? E dalle altre donne, poi! Infatti, chissà come mai, anche se immagino che preferissero il figlio maschio, non mi vedo gli uomini del paese seduti al tavolo dell'osteria a giocare a carte e intanto commentare la forma della pancia o il colorito della moglie.

Come con i vestitini: mettere insieme il corredino per i primi giorni in ospedale (dunque parliamo di 5 cambi al massimo) evitando il rosa e l'azzurro è come cercare pepite d'oro per strada. I vestiti per i piccolissimi sono quasi solo rosa e azzurri, e solo da - diciamo - l'anno in su i colori iniziano a variare; ma a quel punto si passa alle finte cravatte e ai pizzi, per cui rimangono comunque pesantemente connotati e non intercambiabili.
E perchè mai??
Azzardo: perchè più siamo piccoli e più siamo indistinguibili. Invece è indispensabile capire se siamo davanti a un bimbo o una bimba.
E perchè mai??
Azzardo di nuovo: perchè ci comporteremo in modo diverso con loro a seconda del genere.
E perchè mai??

15.3.13

Pesca un bigliettino


Questa settimana è finito il corso-gravidanza che frequentavo (ma la prossima inizia quello dell'ospedale). Per salutarci ci hanno regalato delle frasi a tema, ognuna ne ha presa una a caso dal mazzo dei bigliettini... Ecco la mia ❤

14.3.13

C'era una volta una Mamma Gatta, con 4 gattini che...



Ho scoperto che quando c'è il sole i prati dei vicini diventano viola e azzurri. Se invece il sole si nasconde, scompare anche l'azzurro perchè le corolle si richiudono e aspettano. E' già primavera!

Da qualche giorno non vediamo Mamma Gatta e ci stiamo chiedendo se sia nascosta con una nuova nidiata o se le sia capitato qualcosa. E' una questione importante, a livello locale... finchè non avremo tempo di mettere seriamente il naso fuori di casa - i lavori urgenti sono ancora molti e la data della nascita si avvicina - la nostra conoscenza di questo buchetto dove siamo andati a comprar casa è limitata al giardino e al cortile: e in cortile la presenza più assidua sono i gatti del vicinato.

La nostra esce di casa ostinatamente, ora che può, ma paga l'aver passato l'infanzia in appartamento: è ben meno sveglia degli altri. E soprattutto: non è affamata. Mai. Gli altri lo sono sempre. Qui siamo "in campagna" ed è comune, pare, non sterilizzare il proprio gatto nè tantomento curarsi dei gattini che poi, guarda un po', arrivano. Si mette del cibo fuori casa, alla mercè di qualsiasi bestia passi, e la quantità di cibo non cambia sia che di gatti ne giri uno (impossibile) sia venti. E' difficile stabilire se un gatto "è di qualcuno". La conseguenza sono gatti affamati ed elemosinanti, aggressivi tra di loro per sopravvivenza - la nostra è generalmente molto più sul vivi e lascia vivere, finchè stan fuori di casa sua - e molto territoriali (oh, come puzza la nostra porta, maledetto gatto grigio!). Una certa parte non ce la fa, si trasforma in un relitto spelacchiato che nessuno si sogna di curare, e poi sparisce. Se proprio diventano troppi, un po' di veleno abbassa la popolazione O_o

L'anno scorso Mamma Gatta ha avuto le sue prime cucciolate. La prima l'ha portata nel giardino della Vicina Bionda, ma sono morti tutti i micini, con grande strazio della Vicina che ha tentato invano di aiutarla a salvare l'ultimo. La seconda cucciolata è stata nascosta finchè i 4 micini sono cresciuti un po', poi li ha portati da noi. Il Nonaddetto si è intenerito perchè i gattini insieme pesavano quanto la mamma e ha permesso loro di entrare nella vecchia stalla; la Nonaddetta ha approvato telefonicamente da Nebbialand. Tragico errore - per noi! Loro sono stati benissimo, sono cresciuti in un vero parco giochi, con latte e crocchette a volontà, ma le loro pulci si sono trovate altrettanto bene e alla fine, nonostante le fialette antipulci, siamo stati costretti a buttarli fuori, fumigare la stalla e la casa (!!) e irrorare il cortile con insetticida da stalla! Che ne sapevamo noi di pulci? Prendete nota: MAI lasciar stare dei gatti pulciosi in luoghi chiusi e protetti.



Sterminata la gran massa di pulci, restava il problema di cosa fare dei gattini. Uno più bello dell'altro. Tre femmine, che nessuno vuole. E la nostra dimostrava ampiamente di non avere la minima intenzione di dividere casa con chicchessia dei nuovi arrivati. "Portateli in qualche campo e liberateli lì" era la risposta più magnanima alla domanda "Vuole un gattino?". A farli morire di stenti?
Il primo passo è stato acchiapparli uno a uno per spulciarli. Sapete quei due che tra mezzanotte e l'una e mezza di venerdì sera, lei dopo un viaggio di 5 ore in auto, si mettono a imparare a spulciare un gatto? Siamo noi. (Se vi servono istruzioni, siamo molto bravi ora. Veniamo anche a domicilio)
 
E una volta puliti e profumati? Li abbiamo chiusi in bagno: era l'unica porta interna che avevamo! E non potevamo lasciarli girare per casa: la nostra gatta aveva già cercato di suicidarsi buttandosi dal terzo piano - ci ha ripensato in tempo.
I dottorandi di Nebbialand si sono dimostrati le persone più aperte e sensibili... Sally ha viaggiato per un po' nella nebbia per poi proseguire verso il sole siculo e Furia se ne è andata a mangiar tortellini e mortadella.
Ne restavano due, chiusi in bagno. In quel momento io ho scoperto la gravidanza. Sapete quella che il ginecologo le dice "limiti i contatti con la sua gatta e non ne abbia con gatti sconociuti", e lei fa la faccia di bronzo e pensa a quei due che si arrampicano sul suo accappatoio in quei pochi minuti di doccia in cui non può tenerlo in camera, deve proprio averlo in bagno? Sono io, ed ero molto infelice e molto spaventata finchè non ho visto gli esami a posto. D'altra parte, Cuordipietra il fidanzato della Vicina Bionda si era offerto di risolvere la questione... lasciarli uscire di nuovo era una condanna a morte: e quindi?

Poi la Vicina Bionda ha trovato un'altra famiglia generosa: Notte Stellata poteva andare ad abitare con una mamma e il suo ragazzino che litiga con le parole, ed era francamente del tutto terrorizzata all'idea; ma quando sono venuti a prenderla, il ragazzino si è innamorato anche di Indiana Jones, che non aveva paura di niente, e la sua mamma ha deciso di non separare i due micini.
E vissero tutti felici e contenti e spulciati... tranne Mamma Gatta, che non abbiamo avuto il coraggio di provare a cacciare in acqua perchè ci aspettavamo una reazione ben diversa da quella dei gattini... E ora, dove sarà lei, che nelle scorse settimane girava con un codazzo di ammiratori che neanche le dive di Hollywood?
... qualcuno vuole un micino?

5.3.13

Punti di vista

Il luogo: il corso per la gravidanza.

Il fatto: le responsabili ci forniscono fogli e colori e ci chiedono di disegnare la nostra gravidanza. C'è chi disegna un viaggio, vuoi con la coppia su una barchetta a vela in un bel mare con un bel sole e qualche nuvola non troppo preoccupante, vuoi lungo una strada che deve passare una strettoia ma poi si allarga all'infinito, con vari simboli disseminati qua e là a significare i momenti confusi e quelli chiarificatori. C'è chi disegna la famiglia al completo, col nuovo bebè già bello e pronto, tutti stretti e uniti e felici insieme, e nessun altro intorno perchè non c'è nessuno di altrettanto importante in questo momento. La Nonaddetta ha disegnato anche lei un viaggio, più nel tempo che nello spazio, con i primi mesi bui e pieni di mostri relegati in un angolino e i Nonaddetti con la pancia felici insieme al centro e altre facce amichevoli intorno, tutti in attesa di occupare un paesaggio con lo stesso sole e le stesse nuvole non troppo preoccupanti dell'altro disegno.

Il sequel: tornata a casa, la Nonaddetta ha raccontato, come sempre, cos'era successo al corso. Poi le è venuta l'ovvia idea.
"E tu Nonaddetto cosa avresti disegnato?"
"Mmmm. Una pancia"

E non c'è stato verso di cavarne altro. Dato che invece può passare ore a discutere dei meccanismi per la valutazione della ricerca, credo che mi impunterò molto sulla necessità di non vederlo tornare troppo tardi dal lavoro la sera...

25.2.13

Candeline e sogni

Da qui
Ehi Pipo,
lo so. Avevo promesso di cercare di darmi un ritmo. Uno a settimana... e non ci sto riuscendo.
Lo zampino ce l'hai messo pure tu, senza volerlo: stai diventando grande, ma io sono tappa e si vede che è arrivato un momento in cui farti spazio non era semplicissimo. Adesso ho smesso di camminare come la tua bisnonna che sta per compiere 95 anni ("Ohi ohi ohi, quanti anni!" mi ha detto l'ultima volta - come tutte le precedenti. "Macchè, nonna, pensa piuttosto a quanto dev'essere grande la torta per poter ospitare 95 candeline!" e ha perfino riso. Ma ho capito perchè non ha tanta voglia di andare in giro, nemmeno da una stanza all'altra). Ma al corso preparto questa settimana - verranno anche i papà stavolta, sono curiosa... - mi fiderò di me e non della fisioterapista, perchè non ho voglia di tornare indietro di nuovo. E se mai qualche derelitta dovesse passare di qui con l'inguine e la zona lombare doloranti e i movimenti di base impediti e nessuno che le confermi che, come sospetta, non sta affatto per morire ma si sta solo un po' allargando; e se tantomeno trova qualcuno che le consigli cosa fare e cosa evitare, ecco quella derelitta può googlare "lombalgia da gravidanza" e arrangiarsi a contenere il tutto finchè passa da solo. E sperare di non dover cambiare tutti i jeans una volta spanzata, possibilità che non avevo minimamente contemplato! Tu comunque sei stato di nuovo promosso agli ultimi controlli e ogni volta che snocciolo di qua e di là i possibili nomi, quello in cima alla mia lista riscuote i maggiori consensi: che sia davvero il tuo?
Altri zampini, ed ecco che il tempo è passato mentre il pc giaceva abbandonato e spento in un angolo. Tranne per leggere una mail di Inesauribile, vulcanica come sempre nonostante tutte le sue rogne ed entusiasta di te. Dopo, ti ho sognato due notti a fila... per la prima volta non sognavo solo la pancia ma proprio te. Ho ancora bisogno di farti spazio, non solo fisicamente, ed è così più facile parlandone e sentendo entusiasmo piuttosto che pensandoci e basta. Non ci fa bene stare da soli. Facciamo una lista di tutte le persone che vorremmo vedere prima che tu arrivi e riempiamo il calendario di incontri?
Ciao ciao

8.2.13

Il nostro primo bairro

Dopo la prima micro visita alla città, la suora che ci fa da guida e body guard decide che siamo pronte per visitare un bairro. Cosa vuol dire? Quartiere. Ma lo dici come se indicasse solo quei quartieri-baraccopoli che abbiamo intravisto dall'aereo, il centro città non è un bairro? Non l'ho mai saputo.

Il toyota ci porta fuori dalle strade asfaltate, non ricordo proprio dove parcheggiamo, ed eccoci scese... come dire? Qui siamo davvero fuori dalla boccia dei pesci rossi. Qui è "l'altro mondo", quello che tutti sappiamo esistere ma generalmente non vediamo mai - se non in immagini di repertorio sullo sfondo di un servizio al tiggì: ma prima di avere il tempo e la voglia di farci qualche domanda, arriva il servizio sul nuovo trend di stagione, e ci scordiamo del resto. Questo resto adesso ci circonda, noi quattro giovani bianche pulite. Se riapro lo scarno diario di quei giorni ritrovo, registrate, le stesse identiche sensazioni che ho vive in mente; uno dei pochi casi in cui la mia memoria è affidabile. Mi sento in imbarazzo. Le altre o mostrano a loro volta di essere impacciate, oppure sono estremamente disinvolte - estrazione degli occhiali da sole dalla custodia, pulizia delle lenti, occhiali inforcati e via. La gente ci ignora, ma tutti registrano la nostra presenza insolita; la suora ce lo dice, i bianchi non bazzicano molto per i bairri. Loro, le suore, se non altro non sono facce nuove, ma noi sì. Vorrei poter cogliere tutti i dettagli che mi stanno intorno - le strade di terra battuta o fango, a seconda del tempo, le baracche di diversi tipi, le persone, il loro abbigliamento, le loro occupazioni, le voci, gli odori - ma non oso guardare, mi sento un'intrusa invadente, ho la pelle gli occhi i capelli chiari, i miei vestiti sono umili ma certo senza buchi nè macchie, nessuno mi conosce e ha idea del perchè sia lì ma è palese che non appartengo al luogo, non ho detto "Buongiorno, è permesso?" e dunque cerco almeno di non esagerare.
In effetti non c'è una sola faccia amichevole nei dintorni. Se incontriamo sguardi, sono scontrosi e diffidenti.

Chi sono questi bambini? Sono tutti fratelli, o parenti, oppure no? Cosa fanno, la guardia al grano messo ad asciugare, o cos'è quella roba sulla stuoia? E la legna? L'hanno preparata loro? Per usarla e venderla? Sembrano passarinhos, uccellini, in gabbia dentro il recinto pur lasco della baracca... cosa staranno pensando che siamo?

Non ci sono intenti artistici nella modifica della foto, solo la speranza di rendere i protagonisti un po' meno riconoscibili. Sono grata alle mie compagne di viaggio per aver scattato qualche foto più di me nei bairri; io ero a disagio e ho fotografato solo in quei rari momenti in cui pensavo che non ci fosse nessuno in giro. Ne abbiamo parlato, poi, e non l'avremmo presa bene se un giapponese o uno statunitense fosse arrivato davanti a casa nostra, avesse fatto foto alla casa e a noi, e se ne fosse andato... Inoltre quasi sempre i soggetti delle foto sono bambini. La privacy vale solo per noi? Sono passati anni e questi ragazzini sono - spero - cresciuti, e nella mia stessa esperienza è difficile riconoscere in foto le persone che cambiano in fretta; non ho intenzione di mancar loro di rispetto e spero di non farlo involontariamente.
La suora però è partita in quarta e ci porta a conoscere un paio di persone. Che abitano qui:

E' una delle baracche peggiori, non difende bene nè dal sole nè dalla pioggia, non protegge dalle zanzare, non è solida, non è salubre, non ha bagno nè servizi di alcun tipo - l'acqua in casa non credo l'abbia nessuno, ma si può avere la luce. Ci abita una ragazzina, piccola, timida e taciturna, difficile da far sorridere. E' magra e tubercolotica e si deve prendere cura del fratello con un ritardo mentale. Sono rimasti orfani. Non ho idea di come potrebbero sbarcare il lunario senza un piccolo sostegno delle suore e, mi auguro, di altre persone che li conoscono. Non hanno altri familiari? Qualcuno almeno porta loro un po' di aiuto, se non li prende in casa? Le cure per la tubercolosi non sono gratuite? Quanto è grave la sua forma, risponde alle cure? ... si cura, vero? La aiutate a curarsi?

  
In questo momento eravamo talmente a disagio che non solo io, ma nessuna di noi riusciva a pensare di fotografare. E' la suora che ha preso di forza una delle nostre macchinette e ha fatto foto, quasi con rabbia, perchè potessimo ricordare senza scuse e potessimo condividere. Allora condivido, sempre sperando di non far male, anzi come se fosse un ordine morale, un po' - si può dire? - come "Se questo è un uomo": ricordate e insegnatelo ai vostri figli, altrimenti siate maledetti.
Mentre venivano scattate queste foto ricordo nettamente di aver guardato il fango là intorno e la gente sospettosa, e noi a far le giapponesi, e di aver pensato "Un mese qui sarà molto lungo". E' stata la prima ed unica volta in cui ho seriamente dubitato che fosse stata un'idea sensata intraprendere questo viaggio.

Lasciamo i fratelli e continuiamo a girare per il bairro. Qui le baracche sono migliori, hanno un'ossatura di pali di legno riempiti con pietre - una capacità termica molto maggiore rispetto alla semplice palizzata di canne; i tetti però sono sempre in lamiera e non oso pensare cosa diventi l'interno sotto il sole estivo - l'emisfero è quello sud, qui in agosto è inverno, è meno caldo ed è più asciutto - e di giorno fa molto caldo già così, anche se la sera è fresco. Alcuni bambini che si occupano di vendere frutta e verdura su piccole bancarelle (Come funziona questo mercato? Tutti vendono le stesse cose, chi le compra??) si mostrano un po' meno diffidenti e sufficientemente curiosi da rispondere al saluto della suora cogliendo l'occasione di studiarci un po' più da vicino prima che ce ne andiamo. Dato che dopotutto non abbiamo mangiato i primi due, nel giro di un momento si stanno chiamando e ne arriva una frotta; curiosi e vivaci, bambini insomma.



Capiscono rapidamente che abbiamo in mano macchinette fotografiche e si divertono come matti a farsi fotografare e poi guardarsi nello schermino. Il mio è minuscolo, la mia macchinetta è proprio una cosa cheap, ho cercato qualcosa che non mi svenasse e che usasse le pile stilo perchè mi avevano avvertito che l'umidità locale avrebbe scaricato le batterie con rapidità impressionante; vero, le mie ricaricabili non tenevano nulla, non ho mai capito però se le batterie che compravamo in loco fossero già scariche al momento dell'acquisto......... Giochiamo al gioco del "Guarda come sono fotogenico" e collezioniamo, nel cuore molto più che nelle immagini, dei sorrisi meravigliosi. Quasi tutti, anche oggi, hanno lineamenti bellissimi. Ecco, adesso ci sentiamo di nuovo bene: siamo persone che, senza essersi mai viste prima e senza avere nemmeno la lingua in comune, al di là delle riconoscibilissime differenze reciproche, scoprono una salda base comune più che sufficiente per passare un po' di tempo insieme: un sorriso è un sorriso, un gioco è un gioco, la curiosità è umana e la voglia di ficcare il naso più forte della fifa.



Non so i nomi di questi bambini, che oggi spero siano tutti ragazzi, ma sono loro grata per avermi regalato un momento di comunicazione semplice e diretta. Li ricordo e auguro loro tutto il bene possibile. Chissà se loro si ricordano delle "giapponesi" che sono passate come meteore quel pomeriggio... se sì, ci avranno prese per turiste e basta? E pensare che noi stavamo cercando di capire il mondo!
E davvero qualcosa abbiamo imparato, in quel mese.
Il rispetto, per iniziare.
Stavamo sperimentando quella che sarebbe stata la costante del viaggio: vedi l'orribile (è un uomo? è un bambino? perchè permettiamo questo?) e vedi il meraviglioso (ma... sono molto più felici dei bambini che conosco io! sono molto più serene e forti di me!). Vuoi risparmiarti l'orribile? Spesso perdi anche il meraviglioso.
L'orribile va affrontato e risollevato, ma ricordando che in quella stessa persona con cui combatti l'orribile - la malattia, la fame, la disoccupazione, l'ignoranza, la violenza, l'abbandono, la povertà estrema - c'è anche il meraviglioso: la capacità di sorridere e di resistere come tu non sai. Molta più forza di quella che pensavi ci fosse in chiunque. Rispetto, quindi, tanto per iniziare. Guai a chi guarda le foto e mi dice "poverini": io mi rivedo davanti a loro e non avrei mai osato dir loro "poverini". Togliti  le scarpe perchè il suolo che calpesti è sacro, "giapponese", e sii felice per quello che oggi ti è stato regalato. Sono molto più in gamba di me, questi poverini; cerchiamo piuttosto di smettere di impigrirci o disperarci e di fare anche noi la nostra parte: perchè se è possibile resistere per loro, allora è possibile anche per noi fare quello che abbiamo paura sia impossibile! Coraggio e avanti insieme, magari giocando per strada se ce ne viene voglia.

29.1.13

E' arrivata

Un passo, un respiro, un colpo di scopa... ricordatelo, Nonaddetta, ricordatelo! E spera che avesse ragione il Beppo.
O il Carlone, che diceva "Un passo alla volta e mai più lungo della gamba".
E Conrad non parlava della linea d'ombra, che ti copre l'orizzonte e che devi avere il coraggio di affrontare per crescere?
Invece io adesso vorrei vedere più in là, avere sempre l'orizzonte sgombro, aperto e la direzione chiara. L'ho sempre avuta, la direzione chiara, e le curve non mi hanno mai fatto fare una piega. Ero quella dei sentieri in montagna, fatti proprio di curve e da cui per ore la cima non si vede, eppure vai avanti piano piano con la tranquillità che la cima è sempre al suo posto e quindi per forza ci arriverai. Mi sa che le decine di migliaia di km in autostrada mi hanno un po' traviata.

Fatto sta che a inizio mese già percepivo l'ombra che strisciava, e zac! oggi mi è piombata in testa. Per fortuna c'è un bellissimo cielo azzurro a bilanciare il mio pensiero fisso: non ho più un lavoro nè idea di come trovarne un altro - neanche del settore in cui cercarlo per la verità, ergo ho sbagliato tutto, ergo sono un'incapace, ergo perdo stima di me stessa e ho il sacro terrore che la perda anche il resto del mondo, in particolare il Nonaddetto.
Lui replica che la nostra fiducia reciproca non è basata sulla carriera e dunque non può essere scalfita da qualsiasi cosa capiti in quel campo. Io gli sono grata per queste parole e spero che sia vero.
La mia fiducia in me, però, è parzialmente basata su questo e dunque può essere scalfita eccome.

Allora.
Mi appiglio alla percezione del colloquio con la Ditta Strana, che di per sè era andato bene.
Cerco di portare avanti quanto più possibile i lavori nella casa perchè non siano d'intralcio dopo, quando Pipo sarà in grado di restare per un po' con qualcun altro e io potrò tornare a caccia fuori.
Cerco qualche corso che mi dia competenze diverse: non mi assumono con la pancia, ma in realtà il cervello funziona e dunque posso imparare. Se gli annunci per impiegate amministrative non mancano mai, dopotutto perchè no? Impara l'arte... Però ci sono difficoltà da districare. Il tempo stringe e alcuni corsi sono lunghi. Non tutti sono vicini e guidare, anche solo 1+1 ora, inizia a pesare. E poi mi confondo: sarà meglio un percorso sulla contabilità, o sulle capacità di vendita, o sul business plan, o su LCA (), o... sui nidi domestici? Tutto è utile, ma molti corsi non sono gratuiti e... ce n'è uno che in questo momento può fare da asso nella manica?
Uscire, andare a parlare con qualcuno che possa dare qualche dritta... o che possa prendere nota che esisto... pensarci, trovare questi qualcuno.

Detesto chi in questi momenti lascia cadere buoni consigli completamente campati per aria o mi dice come dovrei, o non dovrei, sentirmi. Lasciatemi in pace. Hanno forse fatto magie, i vostri consigli, finora? Fatemi percepire la vostra presenza, il vostro supporto, ma lasciate che mi arrangi dato che non potete, in reatà, aiutarmi in questo. (A scanso di equivoci: questa era per mia mamma, che non aveva certo l'intenzione di farmi star male ma è riuscita lo stesso a peggiorare la situazione. Poi me la son fatta passare, eh)
Mi ricolloco mentalmente sul vecchio sentiero, fatto di curve, dove la cima si nasconde a lungo, su cui capitano banchi di nebbia fredda e umida da cui uscire per scaldarsi, mi ostino ad ascoltare se qualche falco chiama e a pensare che ci dev'essere per forza una cima da cui si vede il paesaggio vasto aperto e illuminato e magari perfino, nei giorni migliori, il mare lontano. Non è ancora affatto finita, è solo esasperantemente lunga e lenta.

Da qui

22.1.13

Momo

Il nonno del Nonaddetto ci regala, ad ogni Natale, un pezzo di arredamento che aveva promesso a qualche altro parente, costringendoci a telefonate con offerte riparatorie - di solito educatamente rifiutate - appena Nonna A ci vede rientrare e alza gli occhi al cielo "Quello doveva darlo alla zia, quell'altro alla cugina".
Preciso che il paese del cioccolato e degli orologi non è particolarmente progressista e l'arredamento, per quel che ho potuto osservare, è fermo alla metà del secolo scorso, granitico nelle proporzioni e plumbeo nei colori. Per fortuna la vetrina del salotto non entra in macchina per cui il nonno è limitato ai complementi d'arredo. Quest'anno ci è toccato un servizio di piatti terribilmente tradizionali ma, ammetto, di un blu molto bello ("Zia, sai quel servizio che era della nonna..."), l'anno scorso un orologio caratteristico della regione ("Zia, sai l'orologio, quello verde..."). A pendolo, suona a tutti i quarti d'ora: ma lo fa con un suono tanto grazioso e sottile che ci si abitua prima di aver attuato il proposito "Adesso lo fermo e non lo caricherò mai più".
L'illustrazione è della bravissima Zuzanna Celej
Dopo un anno di scatolone è stato finalmente accolto in casa; c'è poco da fare, per me sa di orologio di fiaba, io lo sento suonare e penso a Momo, di Michael Ende. E' difficile rendere la poesia di questa storia in poche righe e io stasera non ci provo nemmeno. Ma sento l'orologio e penso a questa bambina che ha tempo, che sta ad ascoltare le persoone, va a cercare i suoi amici rapiti dall'imbroglio della frenesia, segue la lentissima tartaruga verso la casa del custode del tempo e, per arrivarci, deve andare piano piano... e per di più voltata all'indietro, senza poter guardare la sua meta... e nel voltarsi vede con spavento i cattivi che la inseguono, correndo; ma mentre lei, a passettini minuscoli e lenti e all'indietro, avanza velocissima, loro non riescono ad avanzare. E poi penso alla casa piena di orologi che suonano a tutti i momenti, e ai fiori di tempo che nascono nel nostro cuore.

"Esiste un grande eppur quotidiano mistero… Questo mistero è il Tempo.
Esistono calendari ed orologi per misurarlo, misure di ben poco significato,
perché tutti sappiamo che, talvolta, un’unica ora ci può sembrare un’eternità
e un’altra invece passa in un attimo… dipende da quel che viviamo in quest’ora.
Perché il tempo è vita. E la vita dimora nel cuore."

Dove finisce tutto il mio tempo? Lo passo con le persone che dico di amare? Lo passo con i miei sogni? Lo dedico alla pancia che scalcia? O mi cruccio perchè lo sto perdendo - a casa, improduttiva - e allora lo perdo davvero?
Dei cari amici sono venuti a trovarci domenica e hanno potuto finalmente vedere lo stato di avanzamento dei lavori - l'ultima volta che erano entrati qui era due anni fa. La casa ha ricevuto tanti complimenti, ma mentre lui ha un po' capito la quantità di tempo e fatica che i lavori hanno richiesto - perchè ha fatto casa anche lui - forse lei non ha potuto, perchè è arrivata a casa fatta. Lì per lì mi sono sentita incompresa. Poi ho ricordato quanto poco abbiamo potuto parlare e condividere le esperienze di tutti i giorni. Non è facile capire le cose se non le hai provate o almeno condivise lungo la strada; io stessa capisco a posteriori quanto poco ho colto di quello che stavano vivendo e vivono tante persone che conosco.
L'illustrazione è della bravissima Zuzanna Celej
Li comprendo, io, gli altri? Si dice che se potessimo fare un mucchio di tutti i nostri guai, poi alzassimo il naso e guardassimo i mucchi degli altri, ci affretteremmo a riprenderci il nostro.
C'è Puntaspilli che ha rinunciato al dottorato a due terzi del percorso per salvarsi la salute, senza aver fatto in tempo a dare l'addio a suo padre perchè era dall'altra parte d'Italia, e soprattutto questo pezzo del pensiero mi fa una gran rabbia e una gran tristezza. Non vorrei mai che mi succedesse.
C'è Inesauribile che ha l'endometriosi, non le è stata curata per tempo così oltre ad aver sopportato il dolore inutilmente per anni ora deve affrontare un intervento ben più complicato per tentare di guarire. Non vorrei mai che mi succedesse.
C'è la famiglia Pink che si è vista fallire il muratore che aveva preso i soldi per ampliare la casa in modo da far posto alle gemelle, e chissà quanto tempo per riavere qualcosa o rimetterli da parte. Non vorrei mai che mi succedesse.
Meglio non continuare. Per fortuna in ognuno di questi casi ci sono anche motivi per tanti sorrisi: Puntaspilli una ne fa e cento ne pensa, Inesauribile esaurirà l'intervento ben prima delle sue risorse interiori, i Pink possono guardare le bimbe sane e vispe e tirare comunque un sospiro di sollievo e soddisfazione.
Semplicemente... tutto questo tempo... meglio condividerlo. Non passarlo da soli, o almeno non isolati. A costo di "perderlo", dover andare al passo con chi ha un ritmo diverso e scombinare un po' il proprio. E' vero che dobbiamo fare tante cose, per carità, certo che farò i salti mortali per riavere un lavoro, ma. Cosa mi rimarrebbe senza le esperienze condivise con queste persone? Quello che ricordo più volentieri sono i momenti passati insieme, mentre si lavorava o nel tempo libero. Non vorrei tenermi i risultati ottenuti se dovessi rinunciare a questi ricordi. Spero di imparare a conciliare meglio le due cose. Spero che abbia ragione Beppo Spazzino quando dice alla piccola Momo:

“Vedi Momo, è così: certe volte hai davanti una strada lunghissima.
Si crede che è troppo lunga: che mai potrà finire, uno pensa.”

Guardò un po’ in silenzio davanti a sé e poi proseguì:
“E allora si comincia a fare in fretta. E sempre più in fretta.
E ogni volta che alzi gli occhi vedi che la fatica non è diventata di meno.
E ti sforzi ancora di più e ti viene la paura e alla fine resti senza fiato… 
e non ce la fai più… e la strada sta sempre là davanti.
Non è così che si deve fare.”

Pensò ancora un poco, poi seguitò:
“Non si deve mai pensare alla strada tutta in una volta, tutta intera, capisci?
Si deve soltanto pensare al prossimo passo, al prossimo respiro, al prossimo colpo di scopa.
Sempre soltanto al gesto che viene dopo.”

Di nuovo s’interruppe per riflettere, prima di aggiungere:
“Allora c’è soddisfazione; questo è importante,
perché allora si fa bene il lavoro. Così deve essere”.

E poi, dopo una nuova lunga pausa, proseguì:
“E di colpo uno si accorge che, passo dopo passo, ha fatto tutta la strada.
Non si sa come… e non si è senza respiro”.
Assentì, approvandosi, e disse a mo’ di chiusura:
“Questo è importante!”

PS: non ho avuto tempo di scrivere un post più corto, nè scritto meglio. Ma non volevo disattendere la promessa proprio la prima settimana, e per il resto della settimana sarò impegnata... a passare tempo con nonna E!

17.1.13

C'est incroyable

Ehi Pip.
Già che sei sveglio ed è l'ora della tua ginnastica mattutina (hai già capito tutto della vita, eh? Mai a dormire e mai in piedi...), sentimi a me. Facciamo un buon proposito e vediamo se riusciamo a mantenerlo? Un post a settimana. Un ritmo rilassato, sintetico e selettivo, mica facile quindi, però decisamente migliore del mutismo!

Diciamo i nostri segreti? Tranne che ai nonni, abbiamo detto fine maggio-inizio giugno per non essere tempestati di "Allora, è nato?"; non è una bugia grossa, perchè sei atteso per il 17 maggio però in realtà sei di qualche giorno più giovane quindi la data corretta sarebebe un po' dopo. E poi chi lo sa, il primo parto, la luna che si fa il 25, il tuo carattere, vedremo.
E dopo che zii e zie mi hanno stufato chiedendomi "Sai cos'è?" prima che "Siete contenti? Come state?", e dopo che la mia nonna ha sentenziato "Speriamo che sia maschio!" (ma grazie nonna, eh! anche da parte tua, eh!) ho deciso che per risparmiarti qualche mese di stereotipi, nonchè per evitare regali orientati e difficili da riciclare per un eventuale secondogenito, non sapranno se sei Pipo o Pipa finchè nascerai. Non abbiamo preferenze e Lui non era interessato a saperlo; io sì, solo perchè è una delle poche cose che possiamo sapere ora e che possono definirti come essere autonomo e indipendente, dandoti un'identità di altro-da-me, permettendoci magari di chiamarti per nome. Avevo bisogno di separare me e te, troppo mescolati altrimenti; lui o lei, crescerai esattamente nello stesso modo dentro queste mura: ma il fatto di poterti "vedere" con l'ecografo significava che sei vero e definito, non una entità misteriosa ed evanescente. E dunque abbiamo chiesto e, a scanso di errori ecografici, sei Pipo, e questo non lo sanno neanche i nonni - che in ogni caso preferiscono così per non disturbare la sacralità dell'evento... Benvenuto!

A Natale hai fatto il regalo a me, iniziando a farti sentire inequivocabilmente. A inizio anno l'hai fatto a Lui, mollando calci ben percepibili in superficie: sei ancora un nanetto, ma non ti manca l'energia... preferisco quelle incredibili carezzine solleticose che non ho idea di come fai a fare. Poi fai un po' la primadonna, eh, non è ancora tanto facile interagire con te, provocarti e ottenere risposta. Impareremo a giocare insieme... pensare di poter già iniziare è una di quelle cose che mi fanno venire i lucciconi, anche se sono di quelle che non ci avevano mai pensato - o forse specialmente per quello.
L'ecografista della morfologica ti ha concesso tanti complimenti ed è stata così carina da mandarci via con un intero book fotografico, compresi un primo piano dei tuoi piedi, di naso e bocca spiaccicati sul vetro, e un paio di profili con manina che hanno dato un contributo non indifferente allo scioglimento dei Poli.
Nonna E, che poi sarebbe la mia mamma, ha guardato le fotine e commentato che sembra che tu te la stia ridendo; effettivamente non ha tutti i torti, anche se forse è solo immaginazione. Nonno M non ha commentato perchè era commosso. Zio A, raggiunto via smartphone, ha approvato. Zietta, dai suoi quasi 18 anni, sta cercando di capire, più o meno come me.
Poi ti abbiamo scarrozzato fino al paese del cioccolato e dei cucù, dove Nonna A ha guardato anche lei le fotine e ha commentato "C'est incroyable": non c'erano queste ecografie, quando io e Lui eravamo nelle pance, e mi sembra di capire che lo Zio non abbia mostrato le ecografie del tuo (splendido) cuginetto. Nonno P è di poche parole e ha commentato solo con gli occhi che ridevano. Un numero piuttosto consistente di zie e cugine hanno commentato esattamente come nonna A: "C'est incroyable, c'est incroyable", e non si erano messe d'accordo. E quando siamo tornati indietro avevi già parecchie scarpine portafortuna e diversi doudou...

Adesso siamo a casa e cerchiamo di sfuggire alle sabbie mobili di body e tutine da cercare ("Mamma, la signora del negozio consiglia che tu vada a cambiare le tutine che hai preso; sono troppo calde". "Ma a volte in maggio è nevicato, non si sa mai, prendine tu di più leggere". "Mamma, si useranno per un solo mese, quante ne prendiamo? Poi magari dalla sterminata schiera di cuginetti di Lui ne recuperiamo qualcuna...". "Eh, va bene così".) e di duo e trio e basi isofix, di lettini culle carrozzine materassini cuscini antisoffoco, e paraspigoli e chiudi ante, e...
... io ho scovato un corso con parte informativa e parte di ginnastica-respirazione che non costa una fortuna e mi ci sono buttata dentro, perdendo il senso del tempo nella parte di rilassamento ("Come ci salutiamo? Ma che ora è?") e capendo che non è male effettivamente evitare di arrivare alla data fatidica come una mozzarella in carrozza. E sentendo gioia, finalmente, nel muovere questo corpo panciuto in uno spazio in cui era accolto e coccolato.
E ho scoperto che ne so già tante, tra web e letture, da Wonderland a quelle ereditate dalla mamma e in particolare "Per una nascita senza violenza", Leboyer, 1978. Di questo leggo le prime righe e inorridita esclamo che mioddio, oggi non si fa più così!; poi leggo il resto, e non sono più tanto sicura che oggi non si faccia più così. Benedico il Piccolo Ospedale, in cui sembrano molto umani e rilassati, e ho parecchie domande per le ostetriche al prossimo colloquio. L'ho detto che non c'è un ginecologo che ci segue, dato che per ora non ci sono problemi particolari, ma solo le ostetriche? Comunque ne so già tante ma di sicuro non tutte. L'altro giorno mi sono imbattuta nelle foto del parto in "Avremo un bambino" (Janet Balaskas, Yehudi Gordon, Ed. Red! 2012) e tra le corsie del negozio ho dovuto nascondere i lacrimoni dell'emozione; l'ho portato a casa e ieri sera ho pianto di nuovo davanti a queste parole:

"... Partendo dal punto fermo che una donna abbia fiducia nella propria capacità di portare in grembo, partorire, nutrire e assistere il suo bambino..."

Questa è la fiducia mi è mancata nei primi mesi, persa nel labirinto opaco e popolato di mostri a Nebbialand, in cui sembrava che niente potesse andare per il verso giusto e io ero convinta che chissà cosa poteva esserti capitato - ti ho detto che dopo Fuscello e la sua ischemia a 27 anni, anche Puntaspilli a 29 anni ha ceduto ed è scappato per salvarsi dopo aver iniziato ad avere attacchi di panico? Di questa fiducia mi sto riappropriando adesso, mentre sembra che tu abbia molto saggiamente ignorato labirinti, nebbie e mostri vari.
Ciao, scalciatore, buon riposino. Vedi di ricordarti di dormire anche quando verrai di qua.