28.8.12

Pezzodipane va alla ventura - 3


Van Gogh, I campi
IL lavoro alla tenuta era un incubo. Infatti il Soprintendente del Nobile Signore appariva un uomo assai gentile, ma questo valeva per chi non abitava nella tenuta e non poteva assistere alla sua quotidianità se non per la durata di una visita ricamata di premure e conversazioni brillanti e spiritose.
La condotta con i lavoratori a lui sottoposti, al riparo da occhi indiscreti, era invece brutale e schiacciante. Urlava, e Pezzodipane sobbalzava ad ogni urlo. Urlava e le urla erano insulti, stupido, scimmia, cretino che non sei altro, insultava i lavoratori continuamente. D'altra parte gli errori dei contadini sembravano giustificare la sua rabbia: ma era pur vero che dava istruzioni contraddittorie, che cambiavano da un momento all'altro, e che chi è spaventato lavora male. E quando, mal istruiti e tremanti, i contadini consegnavano un lavoro malfatto li scherniva pesantemente davanti a tutti. I contadini lo temevano, si vergognavano per i rimproveri e tutte le loro azioni erano tese a evitarli; ma era inutile, perché un rimprovero poteva arrivare per aver fatto una cosa o per non averla fatta, per averla fatta in un modo o nel modo opposto. Non c'era scampo né sembrava ci fosse mai stato: non si sentiva il Soprintendente lodare il lavoro di alcuno dei lavoratori che erano passati, negli anni, a lavorare nella tenuta.
Per alcuni mesi Pezzodipane rimase invischiato in questo clima di terrore per lui nuovo, camminando come in sogno, cosciente solo a metà del lavoro iniziale di dissodamento della terra per il suo orto, costantemente teso a evitare rimproveri e derisione o sofferente per essere costretto ad assistere alle angherie perpetrate sugli altri. Su di lui, infatti, non si abbattevano le urla e la derisione aperte riservate ai contadini. Forse il Soprintendente intuiva che, per quanto confuso e spaventato, Pezzodipane riconosceva i soprusi per quel che erano: non c'era scusa per urlare insulti a quel modo. Mite fino all'esasperazione (altrui), aveva però un un nocciolo coriaceo, aveva un po' di esperienza in più degli altri contadini e ricopriva pur sempre un ruolo leggermente superiore a loro. Era certamente in difficoltà, come ultimo arrivato sul posto, a interporsi fra il suo capo e i contadini che sembravano accettare supinamente quello stato di cose; ma avrebbe reagito a un attacco diretto a lui, vuoi con un contrattacco verbale o semplicemente tornandosene da dov'era venuto. Il Soprintendente lo lasciava quindi tranquillo... di rimanere ad assistere, impotente, alle vessazioni quotidiane, senza offrirgli appigli che gli facessero superare la soglia dell'esasperazione.
A lui era diretto principalmente l'attacco più sottile: si rivelò infatti molto difficile svolgere il lavoro per cui era stato chiamato. Il suo capo non gli permetteva nemmeno di vangare senza la sua supervisione, figuriamoci seminare un po' d'insalata; anzi, spesso Pezzodipane non riusciva nemmeno a prendere la vanga che il Soprintendente gliela toglieva di mano e si metteva all'opera, spiegandogli come vangare e mostrandogli come fare: per ore intere. Pezzodipane, che vangava da quando aveva memoria di esistere, non si capacitava di essere stato chiamato per stare a guardare un capo che faceva il suo lavoro, nè sapeva come rispondere al suo capo che gli diceva "Vedi? La vanga si tiene così". Cosa poteva rispondere? "Lo so" sembrava scortese, ma non dire nulla significava ammettere di non averlo saputo; avrebbe voluto dire "Lo so" ridendo e riprendersi la vanga con innocente leggerezza, ma non gli riusciva di ridere in quel clima. Era intrappolato. Si sentiva umiliato e gli sembrava di rubare il vitto che riceveva. Questo trattamento, in aggiunta a tutto il resto, accadeva anche agli altri contadini: il capo correva di qua e di là svolgendo i lavori, costantemente inveendo contro l'incapacità dei suoi lavoratori, strillando che lui non poteva fare tutto e lamentandosi poi di essere molto stanco.  E, in effetti, non poteva certo svolgere il lavoro di tutti i contadini contemporaneamente, ma solo quello di uno per volta: perciò il lavoro di tutti procedeva a rilento.
Van Gogh, Case a Cordeville
Pezzodipane cercò di parlarne con gli altri e di far loro capire che non era necessario accettare tutto; alcuni comprendevano e questi dialoghi clandestini divennero un momento di supporto e di sfogo, ma appena fu loro possibile questi contadini lasciarono la tenuta. Con le persone che non conoscevano la tenuta era invece difficile parlare: semplicemente, faticavano a credere a ciò che raccontava e, generalmente, Pezzodipane finiva per pensare che doveva essere lui l'incapace, quello che non capiva e che non sapeva lavorare come si deve. D'altra parte, chi lavorava in tenute confinanti lo rassicurava che no, semplicemente lì dentro nessuno era mai riuscito a lavorare bene, e lo compativa per essere finito inconsapevolmente in quella trappola. Pezzodipane rientrava dunque nella sua capanna la sera e si sedeva a capo chino a chiedersi come uscire da una situazione tanto assurda e spiacevole.
Continua...