The Fighting Temeraire. 1839, Joseph MW Turner |
Entrammo nell'albergo. Scoprii sorpreso di avere un grande appetito. Poi, sulla tovaglia sparecchiata, gli snocciolai tutta la storia da quando avevo preso il comando, in ogni suo aspetto professionale ed emotivo, mentre lui fumava tranquillo il grosso sigaro che gli avevo offerto. Quindi giudiziosamente osservò:
«Deve sentirsi ben stanco a quest'ora».
«No», dissi. «Non stanco. Le dirò io come mi sento, capitano Giles. Mi sento vecchio. E devo esserlo. Tutti voi qui a terra mi sembrate una banda di sbarbatelli che non hanno mai conosciuto una preoccupazione al mondo».
Non sorrise. Aveva un'aria insopportabilmente esemplare. Dichiarò:
«Passerà. Ma è vero, sembra davvero più vecchio».
«Aha!», dissi.
«No! No! La verità è che nella vita non si deve dare troppo peso a nulla, né in bene né in male».
«Vivere a mezza velocità», mormorai con cattiveria.«Non tutti possono farlo».
«Sarà abbastanza contento adesso se potrà continuare a procedere persino con quel passo», ribatté con la sua aria di consapevole virtù. «E c'è un'altra cosa: un uomo deve saper affrontare la sua cattiva sorte, i suoi errori, la sua coscienza e tutto quel genere di cose. Contro cos'altro si dovrebbe combattere altrimenti?».
Rimasi zitto. Non so cosa mi lesse sul volto, perché improvvisamente mi chiese:
«Come, non sarà mica scoraggiato?».
«Dio solo lo sa, capitano Giles», fu la mia risposta sincera.
«Non c'è niente di male», disse con calma. «Imparerà presto a non scoraggiarsi. Un uomo deve imparare tutto, ed è quello che tanti di questi giovanotti non vogliono capire».
«Io non sono più un giovanotto».
«No», concesse. «Parte presto?».
«Vado direttamente a bordo», dissi. «Tirerò su una delle mie ancore e darò mezzo cavo all'altra non appena il mio nuovo equipaggio verrà a bordo, e partirò domattina all'alba».
«Davvero?», grugnì il capitano Giles in segno di approvazione. «Così si fa. Ci riuscirà».
«Che cosa si aspettava? Che mi sarei preso una settimana di riposo a terra?», dissi irritato dal suo tono. «Non c'è riposo per me finché la nave non sarà al largo nell'Oceano Indiano, e anche allora ce ne sarà poco».
Tirò una boccata dal sigaro con aria incupita, come trasfigurato.
«Sì, tirate le somme, è proprio così», disse in tono assorto. Era come se un pesante sipario si fosse alzato, lasciando scoperto un inaspettato capitano Giles. Ma fu solo per un istante, il tempo necessario perché aggiungesse:
«Deve sentirsi ben stanco a quest'ora».
«No», dissi. «Non stanco. Le dirò io come mi sento, capitano Giles. Mi sento vecchio. E devo esserlo. Tutti voi qui a terra mi sembrate una banda di sbarbatelli che non hanno mai conosciuto una preoccupazione al mondo».
Non sorrise. Aveva un'aria insopportabilmente esemplare. Dichiarò:
«Passerà. Ma è vero, sembra davvero più vecchio».
«Aha!», dissi.
«No! No! La verità è che nella vita non si deve dare troppo peso a nulla, né in bene né in male».
«Vivere a mezza velocità», mormorai con cattiveria.«Non tutti possono farlo».
«Sarà abbastanza contento adesso se potrà continuare a procedere persino con quel passo», ribatté con la sua aria di consapevole virtù. «E c'è un'altra cosa: un uomo deve saper affrontare la sua cattiva sorte, i suoi errori, la sua coscienza e tutto quel genere di cose. Contro cos'altro si dovrebbe combattere altrimenti?».
Rimasi zitto. Non so cosa mi lesse sul volto, perché improvvisamente mi chiese:
«Come, non sarà mica scoraggiato?».
«Dio solo lo sa, capitano Giles», fu la mia risposta sincera.
«Non c'è niente di male», disse con calma. «Imparerà presto a non scoraggiarsi. Un uomo deve imparare tutto, ed è quello che tanti di questi giovanotti non vogliono capire».
«Io non sono più un giovanotto».
«No», concesse. «Parte presto?».
«Vado direttamente a bordo», dissi. «Tirerò su una delle mie ancore e darò mezzo cavo all'altra non appena il mio nuovo equipaggio verrà a bordo, e partirò domattina all'alba».
«Davvero?», grugnì il capitano Giles in segno di approvazione. «Così si fa. Ci riuscirà».
«Che cosa si aspettava? Che mi sarei preso una settimana di riposo a terra?», dissi irritato dal suo tono. «Non c'è riposo per me finché la nave non sarà al largo nell'Oceano Indiano, e anche allora ce ne sarà poco».
Tirò una boccata dal sigaro con aria incupita, come trasfigurato.
«Sì, tirate le somme, è proprio così», disse in tono assorto. Era come se un pesante sipario si fosse alzato, lasciando scoperto un inaspettato capitano Giles. Ma fu solo per un istante, il tempo necessario perché aggiungesse:
«Nella vita c'è ben poco riposo per tutti. Meglio non pensarci».
Ci alzammo, lasciammo l'albergo, e con una calda stretta di mano ci separammo per strada, proprio quando, per la prima volta da quando ci conoscevamo, cominciava a interessarmi.
Ci alzammo, lasciammo l'albergo, e con una calda stretta di mano ci separammo per strada, proprio quando, per la prima volta da quando ci conoscevamo, cominciava a interessarmi.
(Joseph Conrad, La linea d'ombra)
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