19.7.11

Nelle Miniere di Moria. Come si dice "Boss, ho sbagliato" restando vivi?

Dal film "La compagnia dell'Anello"
« Non si riusciva a distinguere cosa fosse: era come una grande ombra, nel mezzo della quale si trovava una forma scura di dimensioni umane, e anche più grossa; potere e terrore parevano sprigionarsi da essa e precederla» (Il Signore degli Anelli)

Trovo che Tolkien sapesse scrivere e che il film non abbia capito niente del ritmo del libro. E che certe immagini di quella storia siano efficaci per rendere gli aspetti emotivi della vita quotidiana.
Tipo. 
Per sbarazzarsi del funesto anello, la Compagnia viaggia attraverso posti poco salubri e fa incontri sinceramente spiacevoli, mica la vecchietta che ti salta la fila in posta. Mentre stanno attraversando le Miniere di Moria si tirano addosso orde di orchi e altre creature in numero tale da consigliare di darsela a gambe. In casi simili, disporre di uno stregone può far comodo: per esempio Gandalf si attarda a sigillare magicamente una porta alle spalle del gruppetto che si scapicolla giù per le gallerie. Quando li raggiunge annuncia tetro: "Mentre facevo l'incantesimo è arrivato qualcosa, dietro la porta. Non so cosa sia ma non ci tengo a scoprirlo: speriamo che la porta regga e nel dubbio corriamo più veloci".

Ci sono giorni in cui Ricercatore1 sembra odiare il mondo. C'è qualcosa, dietro la porta, che arriva a ondate quasi fisiche e non so cosa sia, ma non ci tengo a scoprirlo e spero che la porta regga.

Dopo questa premessa, immaginiamoci come sto dato che oggi ho sbagliato tutto. Quella cosa dietro la porta mi manda nel panico: il mio cervello trasmette una cosa come "Fine delle trasmissioni".
Non so gestire l'aggressività, non so gestire la derisione, non so gestire uno che mi si appollaia sulla spalla e controlla ogni singola mossa, non so gestire uno che non ti dice cosa pensa di te ma su chiunque altro spara a zero (2+2=4). Mi impanico e sbaglio le cose più elementari.

Gandalf and Balrog - John Howe
Quando alla fine l'errore mi si palesa davanti, dopo un'intera giornata di agonia e oltre qualsiasi possibilità di salvare il salvabile, il panico trabocca anche dagli occhi di Puntaspilli, il dottorando che le prende in continuazione - affettuosamente ma non solo, e di Dottoranda. Tocca a me ammettere l'errore e non vorrebbero essere nei miei panni neanche per una trilionata di cannoli.
Che posso fare? Vado, e gli parlo.

Anche lui parla. In modo civilissimo, per la verità, e anche gentile. Non ha fruste di fuoco a nove code e non la prende male: tanto sono io che devo rifare il lavoro e non ho rovinato nessun campione. Concordiamo regole e modalità sul periodo di rodaggio reciproco, da cui comunque solo io posso uscire bocciata. (Per ora ho una possibilità di non finire sulla graticola, se no meglio non pensare a cosa potrebbe fare la cosa) Io ammetto che in genere non sbaglio e che il problema di emotività è mio e mi conviene risolverlo; lui ci mette il timbro e mi comunica che sì, mi conviene davvero anche perché lui non cambierà una virgola del suo modo di fare.

Mi sento come un artificiere che ha provato a disinnescare una mina e non è saltato in aria, ma trattiene il fiato aspettando di sapere se c'è riuscito davvero. Per poi passare alla prossima, dato che davanti a lui il campo minato offre solo l'imbarazzo della scelta.

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